Per un napoletano doc non è Natale senza un ‘giro’ di tombola.
Il gioco nasce nel 1734 quando per ovviare al divieto di giocare al lotto per il periodo natalizio, imposto dal sovrano per motivi religiosi, il popolo si inventò quella che oggi è la tombola tradizionale: un cestino di vimini (per i napoletani ‘o’ panariello’) con all’interno 90 numeri e le cartelle con i numeri disegnati per tenere il conto delle estrazioni.
Ad ognuno dei novanta numeri la tradizione popolare partenopea ha poi assegnato un significato, spesso allusivo, che unisce tradizioni, aneddoti e scaramanzie locali nella celebre ‘smorfia napoletana‘.
Durante le festività il gioco rappresenta un momento di aggregazione; famiglie e gruppi di amici si riuniscono intorno a un tavolo per trascorrere qualche ora all’insegna del divertimento più autentico e genuino.
Ormai da qualche anno è diventato un appuntamento imperdibile, inserito addirittura negli itinerari turistici del periodo natalizio, ‘la Tombola Vajassa’, o tombola scostumata che dir si voglia, un vero e proprio spettacolo incentrato sulla smorfia napoletana e sulla simpatia dell’ormai noto femminiello Nanà.
Si tratta di una versione rivisitata e irriverente della tradizionale tombola: l’estrazione dei numeri è affidata a un femminiello che con un linguaggio colorito costruisce, basandosi sul significato di ciascun numero, una storia esilarante e ricca di doppi sensi.
Comunque, a Napoli quando si tira, si estrae il numero dal panariello, facendolo roteare per mescolare bene i numeri, si dice: “Chest’è ‘a mano ‘e chist’è ‘o culo d’o panaro”.
Cu ‘na bona ciorta, aujrie a tutte quante!

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