LA RUOTA DEGLI ESPOSTI


L'abbandono dei neonati è un fenomeno antichissimo. Esso era ampiamente utilizzato in alcune società antiche. Per esempio, nella società dell'antica Roma il 20-40% dei bambini veniva abbandonato, mentre nella Grecia antica la percentuale s'attestava sul 10%. Il termine «esposto» stava per «neonato abbandonato». Nell’antica Roma, il padre che non desiderava riconoscere il proprio figlio, lo esponeva al pubblico presso la «columna lactaria»: là, c’erano alcune donne che non avevano figli, una si sarebbe presa cura del piccolo, adottandolo. Altre volte i trovatelli erano raccolti dai mercanti di schiavi che, dopo averlo affidato a una balia, vendevano il bambino appena questo era in grado di lavorare. Con l’avvento del Cristianesimo ed in particolare da Costantino in poi, la cultura della morte si trasformò in cultura della vita ed i bambini abbandonati, gli esposti, venivano presi in cura dalla stessa comunità e gli infanticidi venivano puniti con la morte dell’uccisore. Nascevano intanto i primi brefotrofi, in Medio Oriente come in Occidente, ed a Milano nel 787 fu istituito il primo ospizio per i neonati abbandonati.

La prima ruota degli esposti nacque solo quattro secoli dopo in Francia. Le ruote erano collocate vicino alle chiese accanto a un portone. Si trattava di un piccolo cilindro di legno dove veniva posto il neonato. Un campanello avvisava che il cilindro stava ruotando all’interno dell’ospizio e lì il piccolo veniva preso dalle mani amorevoli della guardiana di turno, la «rotara», che prestava i primi soccorsi. Essa in origine fu ideata per «proteggere» gli esposti dai cani. Da tale luogo i bambini venivano prelevati e affidati a una balia (spesso una donna che aveva appena perso un neonato) e, finito l'allattamento, erano mandati negli orfanotrofi. A volte gli orfanotrofi riuscivano a fare adottare, specie nelle campagne, i bambini.
La ruota degli esposti in Italia comparve nel 1178 grazie a Papa Innocenzo III che, impressionato dai tanti cadaverini che venivano raccolti dai pescatori nel Tevere, volle che presso l’Ospedale di Santo Spirito in Sassia, da lui istituito, fossero accolti gli esposti. Nell'Ottocento il fenomeno dei bambini esposti raggiunse proporzioni enormi. All’inizio della seconda metà dell’Ottocento si contavano nel nostro Paese circa 1.200 ruote. Il risultato di questo uso ed abuso della ruota fu che ogni anno circa 40.000 neonati venivano abbandonati ed ogni anno circa 150.000 bambini di età inferiore ai dieci anni avevano bisogno di cure ed assistenza. A Milano e in altre città europee sfiorò un terzo delle nascite.
Emblematico è proprio il caso di Milano. Il fenomeno a metà Ottocento assunse grande rilevanza. Tra il 1845 e il 1864 vennero abbandonati nella Pia Casa degli Esposti e delle Partorienti in Santa Caterina alla Ruota di Milano, 85.267 bambini, con una media di 4.263 trovatelli all'anno. Si trattava del 30% circa dei bambini nati in città. Le famiglie operaie, infatti, non riuscivano a mantenere più di 4-5 figli alla volta e ogni nuova nascita era un problema per l'economia familiare, anche perché spesso le donne operaie lavoravano e non avevano molto tempo da dedicare alla cura dei bambini piccoli. Questo fenomeno creò una iper-fecondità delle donne milanesi, in particolare operaie. Infatti, dati gli effetti frenanti alla fecondità creati dall'allattamento, in assenza di contraccettivi, le donne, abbandonati i figli, divenivano immediatamente pronte per una nuova gravidanza. Così le operaie milanesi, a metà Ottocento, partorirono in media 13,7 figli contro gli 8,4 della media nazionale.
La ruota degli esposti era concepita dalle famiglie povere come una forma assistenziale che veniva offerta alla società.
L’incapacità economica da parte dei brefotrofi di gestire un numero così elevato di bambini, l’alta mortalità infantile e la convinzione da parte delle autorità che la ruota rendesse troppo facile per chicchessia liberarsi di un figlio, portarono alla decisione di abolire la ruota degli esposti.
La prima che abolì la ruota fu Ferrara nel 1867, poi Brescia nel 1871 e tutte le ruote scomparvero ufficialmente nel 1923 con il regolamento generale per il servizio di assistenza agli esposti del primo Governo Mussolini.


La Ruota era un meccanismo «a torno», ossia rotondo e girevole, a forma di cilindro e diviso in due parti: una rivolta verso la strada e l’altra verso l’abitazione del custode dei trovatelli; ambedue le parti erano riparate da uno sportello. Sull’esterno, a fianco della Ruota, c’era una campanella che serviva per richiamare l’attenzione del custode. Inoltre c’era un «foro praticato nel muro a guisa della Posta delle Lettere», «con suo sportello con chiave all’interno» che serviva «per ricevere le Carte e le oblazioni spontanee dei Benefattori».
Un’iscrizione:
IMPIUS UT CUCULUS GENERAT PATER ATQUE RELINQUIT QUOS LOCOS INFANTES EXCIPIT ISTE NOTHOS («Empio come il cuculo, il padre genera ed abbandona in luoghi solitari i figli che codesta [Ruota] accoglie come illegittimi»).
Il cuculo non costruisce un proprio nido, ma depone le uova (sino a venti) in altrettanti nidi di uccelli appartenenti ad altre specie, quali pettirossi, cince, pispole, beccafichi. Questa frase, incisa sopra la Ruota, punta il dito non contro le madri che abbandonano i propri figli, ma contro l’irresponsabilità del padre che, dopo aver generato un figlio, lascia nei guai la donna con la sua creatura.

Solitamente gli infanti erano abbandonati nella ruota coperti e fasciati solo con pochi stracci. Era una eccezione che il bambino fosse deposto nella ruota entro un piccolo cesto.
«…Ritrovò un infante di sesso mascolino involto con una striscia con un pizzo straccia quasi tutto nudo».
«…Rilevò un infante di sesso femminino, involto con una piagetta bianca di panno alquanto lacera ed un pezzo di fascia tutta cencia».
«…Involto con una salvietta in opera alquanto lacera e per fascia una salvietta strigliata della padanella…».
In quel tempo le speranze di sopravvivenza per un neonato comune erano di poco superiori al 60%, per gli esposti erano di gran lunga inferiori.
Le cattive condizioni di trasporto, quando il bambino aveva uno o due giorni di vita, o l’assenza generalizzata di garanzie igieniche e sanitarie facevano sì che la mortalità degli esposti raggiungesse livelli eccezionali.
La mortalità infantile dei trovatelli anche all'interno degli orfanotrofi era elevatissima a causa del mancato allattamento con il latte materno e delle condizioni igienico-sanitarie di questi luoghi. Ad esempio, tra 1761 e il 1770 in un brefotrofio di Milano, veniva registrata una mortalità di circa il 43%. A seguito di un'ispezione ordinata dall'Imperatrice, venne riportato: «Angustie di luogo assai nocive alla salute di questi poveri bambini trovasi nello spedal maggiore per maniera che è necessario condensare perfino cinquanta bambini in tre sole, altronde non molto grandi, stanze e tenerveli quattro per letto».Le malattie più frequenti riscontrate tra i bambini erano la rogna, la scabbia e altre dermatosi, i vermi, le malattie polmonari, sifilide e febbri in genere.

Ai bambini abbandonati si davano cognomi convenzionali, con varianti da città a città. Comune era dare cognomi dal significato religioso, che proteggessero i bambini (Diotisalvi, Diotaiuti, Diotallevi, Servodidio, Acquistapace, Di Dio). A Napoli era tipico il cognome Esposito (esposto cioè abbandonato, lasciato), a Firenze si usava Innocenti o Degl'Innocenti (dal nome dello Spedale degli Innocenti), benaugurante per il trovatello, quasi a volerlo scagionare delle colpe dei suoi genitori. A Genova venivano usati i cognomi Casagrande, Dellacasa, Dellachà, Dellacasagrande per i bambini consegnati o ritrovati presso l'Ospedale di Pammatone.
Venivano usati anche cognomi come Del Signore, Del Papa, Del Re e simili.
Molto interessante è che il quarto cognome in Italia sia proprio Esposito, diffusissimo al sud ma presente in tutta la penisola, con le varianti Spòsito, Esposto o Esposti; il cognome Degli Esposti ha invece valore di provenienza e appartenenza, dal nome dei brefotrofi e delle case di assistenza dei bambini abbandonati (le case, appunto, "degli esposti").
Casadei, corrispondente nel significato, è diffuso in Emilia Romagna, formato da casa + dei, genitivo di deus, in latino Dio, il cui significato è "casa di dio"; specifico emiliano, della zona che va dal reggiano al modenese, è anche il cognome Incerti, dalla forma latina medioevale Incertis Patris, "di padre ignoto", mentre è raro ormai il più esplicito D'incertopadre.
Comunissimo nel Lazio il cognome Proietto o Proietti, originato dall'italianizzazione del termine proiectus, participio passato del verbo latino proicere, "gettare innanzi a sè": il bambino che lo portava era dunque "gettato avanti, abbandonato, lasciato".
Il congome Ignoti, con le varianti Ignoto, D'Ignoti, D'Ignoto,è diffuso nella Sicilia orientale e in Piemonte, e si rifà all'espressione corrente "Figlio d'Ignoti".
Infine Trovato, cognome diffuso principalmente in Sicilia e in Lombardia , dal significato piuttosto intuitivo.



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