Quest'oggi mi occupo di un'altra poetessa, Roberta Alberti, sensibile e profonda come pochi. Roberta trasuda versi piena di vita, della sua vita, fatta di sofferenza e gioia. Roberta è generosa, si dona completamente nelle sue poesie, e io vi consiglio, dopo aver letto questa poesia, di iniziare a cercare la sua silloge e di acquistarla; accettate il consiglio.
Randagio cerchi
tra i sepolcri
il biancore del mio viso
illuminato da lampada votiva.
Sfoglia vitrea
protegge le gote
dalla pioggia,
già solcate dalle tante lacrime
versate in vita,
da quegli occhi celesti
che nel riflesso,
fissi solo adesso
quando tutto è ormai perso.
Sei ombra
nella nebbia radente,
che non chiede venia
alle rosee labbra e alle spoglie
dell’amante ardente.
Amanti divisi
dal troppo amore
indifeso e offeso.
Non c’è canto
nel tuo cuore,
nessun balsamo
che profumi d’amore;
alla morte
ho consegnato
il mio dolore.
Roberta Alberti
Analisi e Commento di “D’amore si muore” di Roberta Alberti
La poesia “D’amore si muore” di Roberta Alberti è un’esplorazione intensa e malinconica del dolore della perdita e dell’amore irrealizzato, o forse terminato tragicamente. L’autrice ci conduce in un’atmosfera sospesa, quasi onirica, attraverso immagini fortemente evocative e un linguaggio intriso di pathos.
Il tema centrale è indubbiamente la morte dell’amore e, in senso figurato, la morte causata da esso. Questo si manifesta non solo nella condizione del “io lirico” (la voce narrante della poesia) ma anche nella disperata ricerca dell’altro, che diventa un’ombra, un fantasma.
Altri temi rilevanti sono:
Il lutto e la perdita: La poesia è permeata da un senso profondo di assenza e di ciò che è irrevocabilmente perduto.
Il ricordo e il rimpianto: Il richiamo al “biancore del mio viso illuminato da lampada votiva” e agli “occhi celesti / che nel riflesso, / fissi solo adesso / quando tutto è ormai perso” suggerisce un passato felice ormai irraggiungibile e un rimpianto per ciò che non è più.
La solitudine e l’isolamento: Il “randagio” che cerca l’altro tra i sepolcri e l’ombra nella nebbia sottolineano una profonda solitudine dei personaggi.
L’amore “indifeso e offeso”: Questa espressione chiave sintetizza la fragilità di un sentimento puro che è stato ferito, forse tradito o semplicemente sopraffatto dalle circostanze.
Analisi delle Strofe
L’apertura è immediata e suggestiva. Il “randagio” è probabilmente l’amante che cerca disperatamente la persona amata, ormai defunta, simboleggiata dal “biancore del mio viso” tra i “sepolcri” e la “lampada votiva”. Questa immagine crea un’atmosfera quasi spettrale, un luogo di confine tra la vita e la morte, dove il ricordo è l’unica luce.
Successivamente l’immagine diventa più concreta e straziante. La “sfoglia vitrea” potrebbe essere la lastra di una tomba o un velo sottile che separa i vivi dai morti. Le “gote” segnate dalle lacrime e gli “occhi celesti” che solo ora, nel riflesso e nella perdita, sembrano fissare con consapevolezza, esprimono un dolore retrospettivo e la consapevolezza di un destino irrevocabile. L’uso dell’aggettivo “celesti” per gli occhi, oltre a una possibile descrizione fisica, potrebbe suggerire una purezza o una spiritualità ormai trascendente.
L’amante, ormai, è ridotto a un’ombra, una presenza impalpabile che si muove in una “nebbia radente”, un elemento che accresce il senso di smarrimento e l’impossibilità di un contatto. L’ombra “non chiede venia”, suggerendo forse un’indifferenza del destino o l’impossibilità di rimediare a ciò che è stato. Le “rosee labbra” e le “spoglie dell’amante ardente” evocano un’immagine di bellezza e passione ormai spente, un contrasto doloroso con lo stato attuale.
“Amanti divisi / dal troppo amore / indifeso e offeso.” Questa strofa, breve e incisiva, racchiude il nocciolo del dolore. L’amore non è stato la salvezza, ma la causa della divisione, proprio perché “troppo amore”, cioè un amore così profondo da diventare vulnerabile, “indifeso” di fronte alle avversità della vita o del destino, e infine “offeso”, ferito in modo irreparabile.
La conclusione è un atto di resa. Il cuore dell’amante (o forse del “randagio”) è privo di gioia (“non c’è canto”) e di conforto (“nessun balsamo che profumi d’amore”). Il dolore è così immenso e definitivo che l’io lirico lo ha “consegnato alla morte”, quasi come un’offerta o un abbandono totale al destino funesto, trovando nella fine l’unica via per placare la sofferenza.
Stile e Linguaggio
La poesia si caratterizza per un linguaggio essenziale ma denso di significato. Le immagini sono potenti e spesso legate alla sfera cimiteriale e alla morte (sepolcri, lampada votiva, sfoglia vitrea, ombra, nebbia). L’uso di aggettivi come “randagio”, “vitrea”, “radente”, “ardente” contribuisce a creare l’atmosfera. L’autrice evita rime fisse, prediligendo il verso libero, che conferisce al componimento un tono intimo e un flusso più naturale, simile al pensiero o a un lamento sussurrato. La sintassi è piana, facilitando l’immedesimazione nel sentimento espresso.
“D’amore si muore” è una poesia che tocca le corde più profonde dell’animo umano, affrontando il tema universale della perdita amorosa con una delicatezza e una profondità commoventi. Roberta Alberti riesce a costruire un’atmosfera di malinconia densa e sofferta, dove il ricordo del passato si scontra con l’inevitabilità del presente, lasciando il lettore con un senso di amara consapevolezza sulla fragilità dell’amore di fronte al destino.
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