L’ultimo sguardo della regina



Parigi, ottobre 1793. L’aria nella città è satura del ferro delle ghigliottine e dell’odore denso della paura. La rivoluzione ha già divorato molti dei suoi figli e ora, nella sua furia, si appresta a colpire colei che per anni ha incarnato l’oggetto dell’odio popolare: Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, ultima regina di Francia.
Non è più la frivola sovrana dai capelli incipriati e dai vestiti stravaganti che fece scalpore con i suoi balli e le sue feste a Versailles. Ora è una donna stanca, logorata dalla prigionia alla Conciergerie, dalla perdita dei figli e dal disprezzo di un’intera nazione. È sola. Ma non invisibile.
Tra le ombre del tribunale rivoluzionario si muove un artista: Jacques-Louis David, pittore della Rivoluzione, compagno di Robespierre, celebrato autore del "Giuramento della Pallacorda". Incaricato di documentare per l’eternità l’ultima marcia della regina verso la morte, David osserva la condannata con uno sguardo gelido. Prende il carboncino, schizza con tratti decisi il profilo austero e segnato dalla sofferenza. Nessuna indulgenza, nessun abbellimento: solo la verità cruda. Una verità che – diranno in seguito – sarebbe costata all’artista la sua anima.
"Non vidi in lei che l’orgoglio crollato", avrebbe scritto, secondo alcune fonti, ma altri sussurrano che fu proprio quel momento a tormentarlo per il resto della vita. Perché, si racconta, Maria Antonietta lo fissò negli occhi per un istante fugace, e in quello sguardo vi era tutta la tragedia della caduta, ma anche una regale pietà che l’artista non seppe – o non volle – comprendere.
Le ultime parole di Maria Antonietta furono per il boia, Henri Sanson. Quando la regina, salendo i gradini del patibolo in Place de la Révolution, inciampò e calpestò involontariamente il piede dell'esecutore, si voltò e mormorò: "Pardon, monsieur. Je ne l’ai pas fait exprès." – "Perdono, signore. Non l’ho fatto apposta." Un ultimo gesto di cortesia, perfettamente regale, persino davanti alla morte.
Dopo l’esecuzione, la leggenda vuole che David non abbia mai più ritratto una donna con lo stesso realismo. La sua arte, celebrata dalla nuova Repubblica, cominciò a offuscarsi, e dopo la caduta di Robespierre, l’artista stesso fu imprigionato. Alcuni biografi raccontano che quel volto, pallido e sereno, lo perseguitasse nei sogni, soprattutto negli anni dell’esilio a Bruxelles.
"Quella donna che non volevo vedere umana," avrebbe detto a un confidente, "mi ha guardato come se lo fossi io, e non lei, il condannato."
L’ultimo ritratto non fu mai completato. Solo uno schizzo, conservato per anni nell’ombra. Forse nascosto da chi comprese che, in quella pagina di carboncino, si celava non solo la fine di un’epoca, ma anche il rimorso di un uomo che fu testimone e giudice, artista e carnefice.



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