Il 27 novembre 2015, ci lasciava Luca De Filippo, vero erede della tradizione teatrale napoletana, figlio del grande Eduardo.
Luca esordisce da bambino, la sera del 30 dicembre del 1955, al teatro Odeon di Milano, per la rappresentazione teatrale, ripresa dalla televisione, di Miseria e nobiltà, scritta dal nonno paterno, Eduardo Scarpetta.
Pochi minuti prima dell’esibizione Eduardo De Filippo lo presenta e lo affida alla benevolenza del pubblico:
“Dunque Luca stasera farà Peppiniello in Miseria e nobiltà, avrà pure lui la stessa pedana di lancio. È preparato ma non è un ragazzo prodigio, no. È un ragazzo come tutti quanti gli altri, però ha vissuto vicino al suo papà, dietro le quinte, ha vissuto accanto a me quando scrivo le commedie, lui mi fa compagnia… è stato veramente un dono che ho avuto dal Signore perché veramente è un mio carissimo amico questo qua… Lui, dicevo, è vero, ha la padronanza, ecco, della scena, la padronanza; ma ha tanta, tanta strada ancora da fare…”.
Uomo intelligente e sensibile, Luca ha sempre evitato il confronto con il padre, un gigante a paragone del quale chiunque sarebbe uscito perdente. Inoltre non ha mai tenuto nascosto il fatto che molti ammiratori in lui rivedevano i gesti di Eduardo:
“Quando mi fermano per strada, io so che non fermano me, ma fermano ancora la memoria di Eduardo, quell’amore che portavano a lui. Ed io sono veramente contento di questo, perché è un qualcosa che in qualche modo rende ancora vivo il lavoro che ha fatto con il suo teatro”.
L’umiltà di questo grande interprete è un sentimento che contraddistingue pochi grandi attori.
Nel ricordarlo voglio citare un motto a lui caro, conosciuto da tutti coloro che vivono di teatro:
“La morte chiama vita, perché sennò vincerebbe due volte”.
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