Canne al vento
L’arrivo in Sardegna del giovane Giacinto porta nella vita delle sue zie Ruth, Ester e Noemi – eredi di un’antica e nobile famiglia barbaricina ormai prossima alla rovina economica – una sconvolgente ventata di novità. Il ragazzo è il figlio di Lia, l’unica delle sorelle Pintor capace di ribellarsi alla tirannica autorità di don Zame, il padre (principale responsabile del dissesto economico della casa), per fuggire in continente e sposare un commerciante. Le tre dame e il loro vecchio servo Efix sperano che Giacinto possa riportare il nome dei Pintor agli antichi splendori. In realtà,
Giacinto presto delude le speranze che erano state riposte in lui, e si comporta in maniera tale da dare la sensazione di essere venuto solo per portare in seno alla famiglia i germi della definitiva dissoluzione: non solo, infatti, accumulando debiti di gioco, rischia di dare il definitivo colpo di grazia alle finanze dei Pintor, ma giunge anche a far nascere involontariamente in Noemi, la più giovane delle sorelle, un folle e inaudito amore incestuoso. Toccherà a Efix, il vero eroe del romanzo, il tentativo di riportare ordine dove c’è caos, facendosi carico delle disgrazie delle sue padrone e accettando di espiare una sua antica, inconfessabile colpa, che sente gravare come un macigno sul destino della casata.
Un senso religioso del peccato domina il romanzo della Deledda, pubblicato nel 1913, insieme alla tragica coscienza di un inesorabile destino, di cui i personaggi sono in balia come “canne al vento”. Nella sua prosa si consuma una fusione quasi carnale tra stati d’animo e paesaggio, tra gli uomini e l’aspra terra di Sardegna, un mondo ancestrale e primitivo che la scrittrice proietta in una dimensione mitica. Libro di passioni e di fantasmi, Canne al vento, è considerato il romanzo più rappresentativo di Grazia Deledda.
La scrittrice ricevette il Nobel per la letteratura nel 1926, la prima donna italiana a ricevere questo riconoscimento.
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