Incipit del Romanzo L'uomo che parlava all'universo




L'uomo che parlava all'universo - Incipit



Mi ritrovo come sempre solo, a pensare a tutto, che poi è come pensare a niente.

Vorrei stracciare il foglio e ricominciare da capo a scrivere il mio racconto, ma la vita non è un romanzo, dove tutto è calcolato e perfettamente incastrato.

Qua non si incastra proprio niente!

La mia vita non è un romanzo, è peggio, oppure meglio, dipende dai punti di vista.

È un intreccio senza fine che fa perdere la testa, così come ora sta succedendo a me, che randagio vago sperduto tra le mille luci della città ormai rabbuiata, come i miei pensieri.

Vago per la strada, senza una meta, senza una direzione, che forse neanche voglio avere e nemmeno cerco. So solo una cosa: il mio tormento non mi dà pace, affliggendomi anima e corpo oltre il consentito.

Oltre quel limite si può perdere il senno e io comincio a credere di aver smarrito il mio. Povero me, perché doveva capitarmi tutto questo?!

Ho cercato sempre di vivere nel giusto, fedele ai miei principi e ai miei doveri, mantenendo la mia integrità nonostante gli scherzi che questo universo mi ha giocato; invece ora sento vacillare anche quella.

La mia mente è in completo subbuglio e ora come ora desidererei solo silenzio e quiete: una qualche oasi di tranquillità che possa acquietare il tormento che vivo, almeno per un momento.

Chiedo solo un po’ di calma nella testa, per poter rimettere ordine a questa confusione, causata dagli eventi di questi ultimi giorni maledetti; lo so, non dovrei maledire nessun giorno, ma credetemi, se foste nei miei panni mi capireste.

Forse devo svuotarmi, parlare con qualcuno, per condividere questa angoscia. Solo così, forse, potrei trovare una qualche consolazione a questa situazione insostenibile e bizzarra che da anni mi perseguita, ma che fino adesso sono riuscito quasi sempre a gestire e soprattutto a tenermi dentro.

Un segreto che mi sarei portato nella tomba.

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