I TRENI DELLA FELICITA'



Una storia di miseria e nobiltà, una pagina poco nota dell’Italia appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale: quella dei “treni della felicità”, i convogli che portarono da Sud a Nord – accolti per mesi da famiglie che diedero loro cura e istruzione – migliaia di bambini di famiglie finite in miseria. A pensare a questa forma di solidarietà è, per primo, un gruppo di attiviste del Pci che hanno l’idea di chiedere alle famiglie contadine del Nord di accogliere i bambini a rischio miseria. Li porteranno in treno. Il primo convoglio parte da Roma il 19 gennaio del 1946 alla volta dell’Emilia e della Toscana: è carico di bambini provenienti dalla capitale e dalla provincia di Latina. A breve ne partiranno altri, anche su iniziativa del Comitato per la Salvezza dei bambini di Napoli. Per anni, migliaia di famiglie di lavoratori del centro-nord, per lo più emiliane e romagnole e toscane, aprirono le proprie case a bambini provenienti dalle zone del Paese più povere e più colpite dalla guerra. Da Cassino bombardata, da Napoli semidistrutta, da Roma baraccata, poi dalle campagne affamate della Puglia e della Sicilia. Essi trovarono nelle nuove città cose mai viste: l’acqua corrente nelle case, le lenzuola profumate nel letto, la carne sulla tavola. Furono curati e vaccinati. Impararono a leggere e a scrivere.




Dopo i treni della morte, quelli delle deportazioni, il nostro paese avrebbe visto finalmente dei treni che la vita la ricostruivano e la tutelavano. Questa è l’Italia che mi piace, non quella a due velocità che miseramente esce spesso allo scoperto; pagine di storia che vanno ricordate, a dimostrazione che quella di darsi una mano a vicenda è sempre la via più giusta per andare avanti e rinascere. 
Dal passato una lezione al presente per ricostruire il futuro.



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