Niente ha più realtà del sogno: sulle strade del mondo con Don Chisciotte e Sancho Panza
«In un luogo della Mancha non molto tempo fa viveva uno di quei cavalieri con la lancia e un vecchio scudo nel ripostiglio. È necessario sapere che il suddetto cavaliere, nei momenti in cui giaceva nell’ozio, si dedicava a leggere libri di cavalleria, con tanta dedizione e diletto s’immerse tanto in quelle letture che passava le notti dal tramonto all’alba, ed i giorni dall’alba al tramonto, sempre a leggere .Gli si riempì la fantasia di tutto quello che leggeva nei libri, d’incantesimi, contese, battaglie, sfide, ferite, corteggiamenti, amori, tormenti e si convinse che per lui non esisteva al mondo storia più veritiera».
Ci chiediamo spesso se convenga ancora essere idealisti in una società che punta al materiale, al ricatto morale, al traguardo senza porre l’attenzione sul viaggio. Come Don Chisciotte, leggere di grandi imprese e alimentare il fuoco che ognuno di noi dovrebbe avere dentro, per superare ogni confine e imparare la passione. Forse questa è l’unica ricetta per vincere una crisi che è, prima di tutto, quella con noi stessi.
Quando Cervantes scrive il Don Chisciotte della Mancha è il 1602, ha 55 anni ed è rinchiuso in galera. Quella che doveva essere una semplice novella diventa uno dei più grandi romanzi che siano mai stati scritti, in cui il protagonista, eroe bizzarro e sognatore, risulta talmente ridicolo da diventare sublime, rispetta ciecamente un codice d’onore ormai perso, lascia la sua casa sicura, prende le sue armi e parte, solo, per vendicare il mondo dei torti subiti, per combattere la sua battaglia contro il potere. Non manca proprio niente al nostro eroe, se non una dama di cui innamorarsi, «poiché un cavaliere errante senza amore è come un albero senza foglie e senza frutto, e un corpo senz’anima». Ed eccola, Dulcinea, lontanissima e amata così straordinariamente, semplicemente, delicatamente e rabbiosamente. La solitudine di Don Chisciotte ne blocca però il linguaggio, l’eroe ha bisogno del suo Sancho Panza sia come scudiero, sia perché il guardiano dei porci tenga vivo il legame dell’avventura con la realtà. Nasce così un dialogo stupefacente e infinito tra servo e padrone, tra il realismo dell’uno e l’immaginazione dell’altro, tra la semplicità e il sogno.
Non si intende di cavalleria il nostro Sancho, si maledice per aver accettato una sfida più grande di lui ma nello stesso tempo non può fare a meno di continuare a servire il suo padrone, perché in ogni favola che si rispetti l’eroe ha la sua spalla. «Sebbene io sia uno zotico e un villano, mi intendo bene di quello che si chiama il saper vivere». E mentre in questo peregrinare i mulini a vento diventano giganti sul cammino della giustizia, Cervantes ha già portato il suo lettore fuori da ogni confine. Proprio lì dove finiscono i grandi romanzi letti in una stanza, inizia l’avventura fantastica; dove finisce il sogno inizia la realtà che dialoga con la passione.
Quello di Cervantes è un romanzo sull’eroismo, in fondo. Una favola perfettamente ambientata nel contesto storico dell’epoca, in cui è il protagonista a creare direttamente le proprie avventure. Qui non esiste una missione che viene imposta dall’alto, ma un sistema di valori interno che spinge un uomo a muoversi attivamente nel mondo. Don Chisciotte è volutamente rappresentato nella sua povertà, la sua immagine ci fa quasi sorridere. Le sue “battaglie” sono spinte al limite, tanto che il cavaliere diventa caricatura di se stesso, e proprio per questo alcuni lo definiscono un anti-eroe. L’eroismo ha mille sfumature, e oggi la vera impresa eroica sembra quella del vivere quotidiano. L'immobilità si sconfigge prima di tutto con la passione, e che prima di mutare le cose intorno occorre modificare il proprio animo, renderlo attivo, vivo, un fuoco che arde.
Allora la risposta è sì: se ognuno di noi avesse un mulino a vento contro cui lottare, imprecare e magari sbattere contro, ne usciremmo tutti con qualche cicatrice in più ma con nuovi tesori da custodire e regalare al mondo: coraggio, passione, libertà. Padrone e scudiero che camminano per il mondo sono maschere che si sovrappongono, un gioco di specchi che rimanda di continuo alla scrittura, alla lettura, a un eroismo sano, che ha fatto di questo libro il primo grande romanzo moderno. Oggi, immersi in questa crisi che ci sta portando via sogni, passioni e ideali, questa storia andrebbe letta, amata, riscoperta. Fuori da ogni stanza, al di là delle pagine di ogni libro, c’è un mondo che ci aspetta.
Forse anche ora, vecchi e stanchi, i nostri eroi servirebbero più in questo mondo che nelle terre sperdute della Mancha. Per ricordarci che, dopo aver guardato negli occhi di chi ci sta accanto, ci vestiremmo dei nostri ideali, e con parole e immaginazione potremmo vivere la nostra fantastica avventura, scoprendo che a volte, per essere eroi, basta un sogno.
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