VEDERE PER SAPERE

Fin dall'antichità il concetto di "vedere" è sempre stato ricco di significati. 



Per esempio, presso i Greci l'origine della parola "idea" era collegata alla rappresentazione dell'aspetto esteriore, all'immagine delle cose. Questo suggerisce che la comprensione della realtà attraverso lo sguardo è frutto dell'esperienza visiva nella sua completezza, dall'atto iniziale di guardare alle idee che si formano nella mente, per cui "vedere" diventa "sapere". 


Oggi si va così di fretta che il mondo ci passa davanti agli occhi quasi inosservato. 



Diamo per scontata la nostra conoscenza degli oggetti che ci circondano e non ci preoccupiamo di osservarli davvero, di cogliervi qualcosa di diverso da quello che già sappiamo o crediamo di sapere. 

Il fatto che a una cosa sia assegnato un nome e che la conosciamo attraverso la sua definizione, ci dà l'illusione di non avere più bisogno di guardare per conoscere. 

Al contrario, per un bambino guardare è un atto naturale, forse perché ha più tempo a disposizione o forse perché non crede ancora di non poter conoscere tutto grazie a una semplice definizione verbale. Per un bambino ogni oggetto è un mistero, i cui segreti vengono svelati direttamente attraverso uno sguardo curioso. 



Riscoprire questo atteggiamento, imparare di nuovo a guardare è per un adulto una via sicura per trovare continenti non ancora esplorati. Tutte le voci di un'enciclopedia, le spiegazioni di un maestro, le teorie di uno scienziato non sono che tentativi di afferrare un'idea del mondo e descriverla in termini umanamente comprensibili. 

Ma in fondo sappiamo che la verità ultima ci sfugge. 





Tuttavia questo è un bene: se avessimo la chiave della conoscenza assoluta perderemmo quella dell'immaginazione, della creatività e della fantasia. Non avremmo più nulla da cogliere e nulla da affermare. 
L'esistenza umana è bella proprio per la sua natura mai perfettamente definita, che vive attraverso il confronto di posizioni e opinioni diverse. Poiché niente è assoluto, tutto si può discutere. 

Ma bisogna ricominciare a guardare davvero, a usare il nostro sguardo scopritore e curioso, come farebbe un bambino e come un tempo abbiamo fatto tutti.



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