SOLE, LUNA E TALIA

 La Bella Addormentata nel Bosco è una fiaba tradizionale raccontata da Charles Perrault e dai Fratelli Grimm, che si ispirarono a uno dei 50 racconti che compongono Il Pentamerone di Giambattista Basile. L’opera, definita da Benedetto Croce “il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari” uscì postuma tra il 1634 e il 1636.

“Lo Cunto de li Cunti overo lo trattenemiento de’ peccerille”, questo il titolo originale dell'opera, appare più un libro è rivolto a uomini di lettere, in grado di comprendere i doppi sensi e le invettive nascoste nella prosa barocca che improvvisamente si stempera in una colorita parlata popolare.
Non poteva certo essere rivolta ad orecchie infantili la storia che poi ispirò La bella Addormentata nel Bosco: Sole, Luna e Talia. La fiaba riprese una serie di racconti popolari che affondavano le radici in epoca già sicuramente medievale, ma Basile fu il primo a comporla sotto la moderna forma di fiaba.
La protagonista della storia di Basile è una ragazza chiamata Talia, figlia di un “gran signore”, che cade come morta a causa di una “lisca di lino” che le si infila sotto un’unghia. 
Il padre disperato accomoda la figlia su “una poltrona di velluto, sotto un baldacchino di broccato”, poi abbandona per sempre quel luogo sventurato.
Un re, che stava cacciando da quelle parti, un giorno entra nel palazzo e gira per le stanze finché arriva alla camera dove giace Talia. A onor del vero, il re cerca di svegliarla, ma pur non riuscendoci si accese per la sua bellezza, la prese fra le braccia e la portò su un letto dove colse il frutto del suo amore.
Dopo nove mesi nascono due gemelli, che cercando il seno materno succhiano invece il dito della madre, facendo così uscire la lisca di lino. Talia si sveglia e si ritrova madre, felice anche se non sa cosa sia successo. Intanto il re si ricorda di lei e torna al palazzo, dove trascorre qualche giorno in compagnia sua e dei due bambini, che chiama Sole e Luna. La legittima consorte del re si insospettisce per la prolungata assenza del marito.
Quando scopre la verità, rivelata da un servo, la donna fa in modo che i bambini siano portati alla reggia, dove ordina al cuoco di scannarli e poi di cucinarli per il marito. Non contenta, la regina manda a chiamare anche Talia, che vuole punire per l’inconsapevole adulterio, bruciandola in “un grande fuoco”. Non fa in tempo, perché arriva il marito, che apprende dalla donna di aver mangiato i propri stessi figli. Anche se in preda alla disperazione, il re ordina che la malvagia donna sia gettata nel fuoco insieme al servo scellerato e al cuoco. In realtà, il fedele cuoco aveva cucinato due agnellini al posto dei bambini, che vengono portati alla presenza del padre e di Talia.
I due si sposano e vivono una lunga vita insieme…
I delicati temi trattati nel racconto (stupro, adulterio, vendetta) sono evidentemente non adatti a un pubblico infantile, e in qualche modo raccapriccianti se letti con l’odierna sensibilità verso le molestie sessuali. Tuttavia, il racconto si può leggere anche in chiave diversa: Basile legittima un’unione tra una donna e un uomo che una moglie ce l’aveva già, mentre prospetta la possibilità che matrimonio e maternità non rappresentino necessariamente il passaggio verso l’età adulta: il sonno di Talia diventa simbolo di un tempo d’attesa, quello necessario a diventare donna. 
Purtroppo, allora come oggi, c’è sempre qualcuno cui non piace aspettare…



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