AMICIZIA E MORTE

Continuando il discorso iniziato in un mio precedente post sul legame tra amore e morte, soffermiamoci da un altro tipo di sentimento altrettanto forte, preso più volte in considerazione dalla letteratura, e che può portare ugualmente all'estremo sacrificio. 

Ariosto: l’amicizia e la morte 

Tanto la letteratura classica quanto la Bibbia forniscono famosi esempi di un altro tipo di amore, non passionale e fisico, ma che si lega comunque alla morte: l’amicizia. 
La coppia Patroclo-Achille dell’Iliade e quella Niso-Eurialo dell’Eneide costituiscono – in particolare la seconda – il modello a cui Ludovico Ariosto si ispira per costruire l’episodio di Cloridano e Medoro dell’Orlando furioso (1532). 

Cloridano e Medoro sono due guerrieri mori, molto amici tra loro e assai affezionati al loro condottiero Dardinello, morto in battaglia (canto XVIII) e rimasto insepolto all’interno del campo cristiano. Medoro vuole a tutti i costi recuperare il cadavere per dargli onorata sepoltura. Dopo avere invano tentato di dissuaderlo, Cloridano si unisce a lui. I due penetrano di notte nel campo avversario, fanno strage di guerrieri cristiani addormentati e ritrovano finalmente, grazie alla luna che squarcia le nuvole, il corpo di Dardinello. Fuggono con il cadavere sulle spalle, ma vengono sorpresi dal guerriero cristiano Zerbino, che li insegue con un suo drappello. Cloridano lascia allora cadere il cadavere, invitando Medoro a fare altrettanto, e fugge; ma Medoro non vuole abbandonare il corpo di Dardinello e viene circondato dai nemici. Non appena Cloridano si accorge di essere rimasto solo, torna indietro a cercare l’amico. I due amici entrambi sconfitti, cadono sul campo di battaglia, prima Medoro e poi Cloridano, che preso da l'ira vuole vendicare l'amico anche sacrificando la sua stessa vita. La vicenda dei due amici, tuttavia, da questo punto in poi si differenzia. Medoro in realtà non è morto, ma solo ferito, sebbene gravemente; e verrà trovato e curato da Angelica, che si innamorerà di lui e lo porterà con sé nelle proprie terre. Cloridano invece è morto. 

È questo un tipico esempio di amore oblativo (dal latino oblativus, “dato, offerto spontaneamente”), cioè di un amore che spinge fino a sacrificare la propria vita per la persona amata senza alcuna contropartita. Naturalmente, l’esempio più alto di amore oblativo è quello di Cristo; ma è fortemente significativo che Ariosto decida di incarnare questo tipo di offerta della propria vita in un eroe pagano, quasi a voler sottolineare che alcuni valori non sono solo una prerogativa del mondo cristiano ma sono universali. È per questo che Ariosto segnala al lettore la consapevolezza di Cloridano: quando egli decide di tornare indietro a cercare Medoro, infatti, sa di non avere alcuna speranza, non si fa illusioni: «torna di sua morte in su la traccia » (ottava 5, v. 4) – dice il poeta –, cioè si avvia volontariamente verso la morte. Bisogna tuttavia sottolineare il paradosso per cui Cloridano si sacrifica per Medoro, ma muore uccidendo. Anche il cristiano Zerbino, pur risparmiando la vita a Medoro, vuole uccidere il soldato che lo ha colpito. Siamo di fronte a una civiltà della guerra, non dell’amore, che non fa distinzioni fra pagani e cristiani.

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