Amore taciturno
Raccontami di un amore senza parole,
forse poche e necessarie,
non di una bruciante passione fatta
solo di grandi slanci verbali.
Dimmi non di un amore di parole,
ma piuttosto di parole d’amore.
Un balenìo d’occhi che cadono
l’uno dentro l’altro all’improvviso,
e lo sguardo già dice ciò che si desia.
Dopo l’istante luccicante di reciproca intesa,
pioveranno fiumi di parole,
ma non tutte annaffieranno il germoglio.
Certe piogge sono inutili e persino dannose,
se non si riesce a mettere in salvo il raccolto.
E quando arriva la stagione secca,
che ne sarà di un amore fatto solo di aride parole?
Non servono tante parole al vero amore,
ma un custode che osserva e protegge la sua storia.
Custodi di carne e ossa, anima e sangue,
che non rinchiudano l’amore in prigioni di parole.
I sentimenti non hanno punteggiatura né grammatica,
il giardino incantato della voce degli amanti
può essere ascoltato nel suo silenzio,
perché le parole a volte vanno contemplate.
Un segreto che non si diffonde, quello che
i due amanti non si dicono ma si ascoltano tacendo.
19/06/2020 Cinzia Perrone
Il popolo del cielo
La mia resilienza
Voglio annotare sulle pagine bianche della mia anima
ogni pensiero,
ogni emozione,
ogni idea,
in modo da conservarne cosciente il ricordo nella
mente.
Intrusa in qualunque posto io mi trovi, incessante
cercherò
quello giusto,
quello comodo,
quello mio,
dove finalmente potrò lasciare libera me stessa.
Aspetto ansiosa di potermi rivelare, ma distratta già
l’ho fatto
con un gesto,
con una parola,
con uno sguardo,
lanciato in uno stagno senza poter fare cerchi, ma
dritto al fondo.
Il silenzio urla e il suo rumore è inquietante nella
mia testa
come un frastuono,
come un boato,
come un ruggito,
confusione eterna che aspetta con pazienza e perizia.
Ritrovare l’orientamento dopo una triste e improba
burrasca
tra la speme,
tra l’onere,
tra il compianto,
rimembrando i già trascorsi per i successivi nuovi
percorsi.
Al comando della nave con un tempo assai instabile
sempre all’erta
per un segnale,
per un avviso,
per un allarme,
non come sequoia sicura e fiera, ma come salice umile
che si flette leggero.
19/04/2020 Cinzia Perrone
Il grande bambino soffia
via pigramente
i resti zuccherosi di
defilate nuvole
Sotto lo sguardo attento
e vigile di mamma Luna,
mentre stelle
sbeffeggianti smoccolano
l’indaco celeste di
giallo polveroso e chiacchierone.
Sera d’estate. Voci e
rumori irrompono da lontano,
nere rondini incorporee
in cerca tra un balletto e l’altro,
del proprio corpo sottile
e trasmigrante.
L’ineffabile trapunta
siderale con un fare arrogante e inconsapevole
ricopre l’intermittenza
di vita e morte di affollate gradinate terrestri.
Scarabocchio caduto
dall'empireo per pochezza stilistica,
noi siamo qua sotto di
loro, distratti osservatori del perfetto.
Io come tutti gli altri,
perso in un’altra nebbiosa nuvoletta,
fumetto speculare dei
miei confusi e turbolenti pensieri,
mentre un vuoto di stelle
va perdendo l’appuntamento
con l’eclissi della mia
allegra malinconia.
La notte imminente e
ingorda ci lascia alle nostre voluttà,
a scurirci e abbruttirci,
ferma esplosione di crepe remote
nel disegno terrestre che
è stato smarrito.
Mamma Luna tende la sua
manina eterea e argentina
mentre sgattaiolo tra i
vicoli in cerca di un riparo
Tra la magia di pietre
antiche sempre giovani.
Mi perdo fra la gente
come tra le strade,
labirinti di eterne tesi
mai confermate ne confutate.
Incantesimo mediterraneo
che sfida il mio malumore,
lascio che il tempo mi
imbrigli in altre strettoie,
fino a che mamma Luna
rimanga l’unica,
sostegno leggero di mille
cittadelle umane fantasticherie,
la sola presenza luminosa
che sentinella il meta-confine
tra il popolo del cielo e
quello della terra.
16/03/2020 Cinzia Perrone
Commenti
Posta un commento