BRUCIA SULLA PELLE


Brucia sulla pelle.


Capelli neri e corti, un abbigliamento casual, e alle spalle una brutta storia di depressione che inesorabilmente aveva lasciato i suoi segni.
Forse qualcuno non lo sa, ma certi eventi lasciano segni più profondi di altri, sia dentro che fuori, sia visibili che invisibili, sia nell’anima che sulla pelle.
Ora i suoi occhi, dietro le spesse lenti dei suoi occhiali, apparivano vispi e allegri, che chiunque l’avesse guardata non avrebbe mai immaginato che solo un annetto prima quegli stessi occhi fossero opachi e spenti.
La sua allegria non significava affatto aver spazzato tutto via, come cancellato con un colpo di spugna; tutto quello che c’era stato prima era ancora lì con lei, come un riflesso di uno specchio che cerchi di evitare ma nel quale poi finisci sempre di inciampare.
Lei stessa forse non si rendeva conto della vicinanza di quei bui giorni, o forse ne aveva così paura che cercava di allontanarli da sé in tutti i modi, anche raccontandosi qualche bugia. Aveva cercato sollievo anche in un uomo, probabilmente il più sbagliato di tutti per lei, un uomo che il sollievo non voleva e non poteva darlo, ma solo prenderlo.
Così avviene che due persone in sé innocue, si trasformino in coppia in due armi di distruzione reciproca; naturalmente in queste cose l’equilibrio non c’è mai, e succede che un’arma sia più potente dell’altra, decretando uno sconfitto e un vincitore, anche se le guerre, quelle vere, ci hanno insegnato che un vero vincitore non esiste, ma che di fronte a un conflitto siamo tutti perdenti.
La discesa verso il dirupo ebbe inizio per Sara due anni prima, quando morì sua madre, ma quello era solo la solita goccia che fa traboccare un vaso già colmo; colmo di una situazione familiare poco gradevole, volendo usare un eufemismo, in cui la tenerezza è una fuggiasca, dove continua solo a crescere la voglia di andar via e di ignorare tutti.
Un padre violento e prepotente, una rivalità tra sorelle, poca socialità con gli altri, ed ecco la ricetta per creare voglia di bizzarria e di evasione.
Scatta qualcosa dentro di cui tu stesso ignori il meccanismo, ma che porterà solo a fare danni a volte non solo a te stesso ma anche agli altri.
Quando gli altri poi sono le persone più care, quell’odiosa cosa che prende il nome di senso di colpa, diventa un macigno enorme che è pronto a schiacciarti con tutto il suo peso.
La madre di Sara morì di infarto, dopo aver avuto giusto la forza, invano, di chiamarla per essere soccorsa. La ragazza troppo presa di sé, sottovalutò la richiesta di aiuto della madre, ignorando che in questo modo la donna sarebbe andata incontro a morte certa.
Aveva puntato sul cavallo sbagliato la povera donna, solo che in questo caso la posta in gioco era la vita.
Ovviamente prima che si scatenassero i sensi di colpa in Sara, ci pensarono gli altri componenti della famiglia, il padre e la sorella, a crocifiggerla.
Nella sua mente già confusa, lei stava cercando, per evitare un ulteriore disordine, un alibi al suo comportamento, ma mentre tentava di fare ciò, il disordine glielo stavano già creando; nella sua testa era in corso un soqquadro generale.
Da quella posizione di evasione, si sentì catapultata a una di schianto totale; l’equilibrio era precario e il castello di carte crollò.
Le pressioni, le accuse, e tutto il resto ormai a cosa servivano? La madre non c’era più, ma lei era lì invece, pronta a sprofondare nelle sabbie mobili dove l’avevano gettata l’arroganza e quella assenza di tenerezza che l’aveva perseguitata da bambina.
Ma la cosa più brutta sapete qual è? Che gli altri non fanno proprio niente, facciamo tutto noi, o meglio, seppure fanno qualcosa, è solo perché noi glielo permettiamo o addirittura li aiutiamo. Sara dentro di sé aveva già il senso di colpa per la morte della madre, ma per istinto di sopravvivenza, stava cercando di mandarlo via; e quando suo padre l’accusava di quell’evento, chiamandola brutalmente assassina, lei cercava di difendersi attaccandolo come poteva, ricordandogli tutte le botte che aveva dato alla moglie in vita a cui lei aveva assistito, una volta addirittura fino a procurargli un aborto.
Da quel continuo scontro Sara ne uscì sconfitta, ritrovandosi ricoverata prima in psichiatria, e poi ospite di una residenza riabilitativa.
Ora lei sorride, cercando di mettere ordine, di creare un equilibrio, ma le bruciature hanno lasciato il segno, rendendo il compito ancor più complicato di una volta, ma non impossibile.

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