VIAGGIARE CON LA MENTE


La corriera


Conobbi Stefano non molto tempo fa; studiava all’università qualche materia economica, ora non ricordo perfettamente quale.
Un ragazzo dall’apparenza dolce e gentile, di quelli che non potrebbero far male neanche a una mosca, anzi, di quelli che devi maneggiare con cura; fin troppo fragile, di una fragilità disarmante, di quelle che ti mette paura, come quando con mani inesperte provi a prendere in braccio un neonato in ospedale.
A me provocava solo tenerezza Stefano, ma a lui gli altri riuscivano a provocare una quantità di emozioni che non riusciva a controllare.
Fu così che mi trovai presente, quando ad alcuni amici confidava la sua fobia, che diventava vero e proprio panico, a prendere la corriera per raggiungere il suo ateneo. Un disagio che nemmeno lui stesso riusciva a spiegarsi, figuriamoci a farlo capire ad altri.
Sembrava, dai suoi racconti, che osservando gli altri, ne venisse così catturato, da sentirsi quasi catapultato nella loro testa. Cominciava a ragionare sui loro gesti, sulle loro espressioni, sulle loro mosse, fino ad arrivare ad immaginare le loro vite.
Un gioco un po’contorto che lo portava anche a fare congetture e pronostici sulle loro future mosse, mosse che nella sua mente potevano avere anche i risvolti più strani e negativi.
E lì, dopo il disagio per aver scrutato un’altra persona fino all’inverosimile, non potendo farne a meno, subentrava la paura di reazioni e comportamenti altrui spinti da un’immaginazione profondamente estremizzante.
Così, un banale viaggio in corriera, si trasformava per
Stefano in una tortura che non riusciva proprio ad evitare.
Cercava di farci capire come si sentisse in quella situazione, in cerca di consigli e rimedi per distrarsi da quel giochino che gli mandava in pappa il cervello.
Chi gli consigliava di ascoltare musica, chi di leggere un libro…ognuno provò a dare il proprio contributo per risolvere a Stefano quel suo particolare malessere.
Io ancora adesso mi chiedo se quel suo modo di approcciarsi in quell’ambiante esterno, in cui le persone te le ritrovi tutte davanti, concentrate in spazi ristretti dove non possono sfuggire facilmente ad un occhio indagatore, come non avviene in strada ad esempio dove tutto è più dispersivo, non fosse un bisogno inconscio di creare dei contatti fortissimi col mondo esterno, contatti di cui sentiva la necessità e la mancanza, ma che non riusciva a gestire, e che forse proprio per questo il mondo esterno spesso glieli negava.
Per un ragazzo troppo dolce e fragile può essere scomoda e difficile questa realtà, che vuole continuamente maltrattarti; se non impatti bene i colpi, e non ne assesti a tua volta, sei spacciato.
Il rimedio magari qualcuno se lo cerca in una dimensione alternativa, che può gestire meglio ed ecco eserciti di isolati in vari contesti moderni, dove se critichi puoi essere bloccato.
Può sembrare una contraddizione, ma purtroppo è realtà; strumenti che dovrebbero avvicinarci e annullare le distanze fisiche, ne creano altre, molto più subdole, dando solo l’illusione di condivisione e di vicinanza, dove invece regna l’ego più individualista che mai.
Soli, sempre più soli, coi nostri sogni, i nostri pensieri, i nostri desideri, i nostri principi…che non abbiamo più il coraggio di condividere, ma sul serio.
Sotto una campana di vetro, dove nessuno può farci niente, ma da dove neanche noi possiamo fare e ricevere niente, nel bene o nel male.
Questa campana per Stefano in corriera veniva quasi meno, perché se da un lato gli piaceva osservare quell’acquario, il timore che i pesci potessero saltarne fuori era incontrollabile.
Forse avrebbe dovuto cominciare a nuotare e non cercare rimedi per non guardare neanche gli altri farlo. La sua prospettiva doveva cambiare, doveva mettersi in gioco, e non cercare un mezzo per defilarsi ulteriormente.
Fare tutto questo, forse con la sua fragilità lo spaventava, e probabilmente spaventava anche gli altri.
Ma non importa, la paura fa parte di scelte coraggiose, è un sentimento come un altro della vita che dobbiamo accettare e con il quale siamo destinati a convivere.
A volte serve aver paura, per capire la portata di quel che si sta facendo, senza essere imprudente o peggio superficiale.
Avere paura insieme e sapere che quel sentimento non attanaglia solo noi, può essere d’aiuto a superarlo; uniti nella paura per sconfiggerla.
Si pensa di essere soli nelle incertezze, nelle angosce quotidiane, di essere i soli ad avere paura…così la paura può diventare un mostro invincibile, ma se noi abbiamo il coraggio di condividerla mettendoci a nudo, allora sì che possiamo distruggerlo quel mostro, e ritrovare l’unione, la serenità, l’allegria…e perché no, la pace.
Ho saputo che Stefano si è laureato, ormai è da tanto che non lo vedo; avrà dovuto a forza prendere la corriera in questi anni per recarsi all’università.

Gli auguro di aver imparato a viaggiare.

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