FOLLEMENTE ARTE


La follia, è una parola così difficile da definire. Per qualcuno potrebbe essere una sorta di "non luogo", un posto in cui la mente si rifugia e non si sa quando con certezza ritornerà allo scoperto. Essere assurdi all'interno della realtà. Ci si sente soli, sperduti, perché con nessuno è possibile condividere la propria follia. E' sconosciuta e straniera, ma anche inquilina silenziosa e ostile. Tutti ne hanno paura.
La tristezza profonda del non senso sgomenta e disorienta.
Limite effimero tra la follia e il buon senso, che qualcuno attraversa in punta di piedi. L'arte ha offerto un conforto a tanti, ma proprio tanti artisti, che hanno lottato contro i propri demoni, a volte liberandoli nelle loro opere.
Potrei citare per primo Hironymus Bosh, con i suoi quadri pieni di allegorie riguardanti i disagi mentali e l'ignoranza del tempo che li circondava. Anche Francisco Goya nei suoi dipinti ha denunciato la brutalità con cui venivano trattati i "matti" della sua epoca;ha spesso ritratto manicomi dove venivano ricoveratigli individui problematici in condizioni deplorevoli e in cui ricevevano castighi, abusi e torture. Nessuna terapia, nessun sollievo, solo maltrattamenti. Attraverso i suoi quadri Goya ha espresso la sofferenza, la solitudine e la mancanza di comunicazione delle vittime di una società reprimitrice. "il sonno della ragione genera mostri", reca scritto una sua opera.Le terapie che anticamente, ma anche al giorno d'oggi, vengono impiegate per i casi di follia, hanno a che vedere con l'atteggiamento della società spaventata dalle cose strane; forse anche perché alcuni aspetti di follia possono esistere in ognuno di noi, e ciò turba non poco.La tendenza quindi è di emarginare e di fare in modo che il paziente rimanga a distanza e non si avvicini. Con l'arrivo del XX secolo gli abusi e le male pratiche già denunciate non diminuirono, anzi, la scienza e la medicina ne crearono di nuove, che aggiunsero ulteriori sofferenze a quelle già esistenti: lobotomia, shock insulinico, trapanazione, elettroshock. Quest'ultimo dava scariche elettriche nel cervello per provare a resettarlo, come se fosse un computer: CONTROL - ALT- CANC. Le conseguenze erano imprevedibili e molto pericolose, come lo furono per E.Hemingway, che ricevette questo tipo di terapia per curare il suo stato di depressione probabilmente aggravato dall'alcolismo; la sua mente venne meno e un giorno, dopo essere uscito dalla clinica dove era stato ricoverato, arrivò a casa, prese il suo fucile preferito, si infilò la canna in bocca e premette il grilletto. e che dire di Vincent Van Gogh; dopo essersi tagliato l'orecchio in un momento di estrema pazzia, si ricoverò volontariamente in un istituto, dove trascorse i suoi ultimi giorni senza mai smettere di dipingere: la famosa "Notte stellata" ad esempio, vide la luce proprio tra le mura della sua stanza in istituto. Anche la musica annovera dei folli geniali; è il caso di Robert Schumann, paradigma perfetto dell'artista romantico, folle ipersensibile, sofferente per una realtà insopportabile. La musica era tutto, ma era anche tormento, ogni composizione una battaglia. Si suppone che fosse bipolare; un giorno provò a suicidarsi gettandosi nel Reno, ma venne ripescato e tratto in salvo. A sua moglie Clara disse. "Neanche il Reno mi vuole". Entrò volontariamente in una clinica dove morì nel 1856 vittima di pratiche mediche discutibili.
La porta che conduce al limite gli individui più sensibili è sempre aperta, e purtroppo molti l'hanno attraversata, sempre senza sapere come tornare indietro.
Ma l'arte può rappresentare anche un fattore d'aiuto, canalizzando il proprio malessere, fino ad esprimersi con sincerità, senza paura, trovando nella follia la propria creatività. In scena ad esempio, possiamo essere matti senza che gli altri se ne accorgano, per enfatizzare quella benedetta incapacità di essere normali usando il palcoscenico; L'unico posto in cui sarebbe lecito indossare una maschera.

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