L'AMORE IN UN PIATTO


Io sono napoletana, e anche se un po’ tutta l’Italia è godereccia e buongustaia, Napoli incarna il centro e l’apoteosi di quella filosofia di ars culinaria.
Sì, perché nella mia città d’origine non si respira solo arte, storia, spettacolo, musica, teatro…ma anche mille e più odori che catturano i sensi e tutto il resto; nel senso che non puoi fare a meno di seguire le loro scie.
Sia che ti portino al banco di una pasticceria o a quello di una rosticceria, o all’entrata della pizzeria o friggitoria più vicina, sarà sempre un’esperienza che lascerà le tue papille gustative in estasi.
Il cibo a Napoli, ma come dicevo prima un po’ in tutta Italia, è così particolarmente sentito, che molto spesso può rappresentare un regalo, un presente per qualcuno.
Quante volte ci siamo recati a far visita ad amici, in occasione di una cena o altro, portando magari un dolce, meglio se fatto da noi?
Le classiche paste del pranzo domenicale, o cabaret di pasticcini se preferite, ne sono un chiaro esempio, consumate o in famiglia o tra amici vari; quasi a incoronare una giornata particolarmente lieta e festosa.
Del resto, sempre per sottolineare l’importanza del cibo nella nostra cultura, chi non ricorda, a qualsiasi latitudine o longitudine sia nato, l’ansia della mamma o della nonna nel chiedergli se avesse mangiato, proponendosi all’istante di preparare qualcosa per rimediare; perché il modo più lampante, immediato, potremmo dire per antonomasia, di prendersi cura di qualcuno, è preparargli da mangiare.
E quanti magari ricordano, francamente è un problema che non mi ha mai riguardato, tutte le volte che si sono sentiti dire dalla propria madre, una volta lasciato il nido:
- Come ti sei sciupato/a? Ma stai mangiando?
La cosa si fa più divertente con i figli maschi, perché può dare inizio a quella competizione suocera-nuora, che spesso si verifica; allora possiamo udire le frasi più assurde, frutto dell’amore di mammà.
Sono di vario genere, partendo da quella classica:
- Ma quella ti fa mangiare? Chissà cosa ti cucina?
A quella apertamente polemica, nella quale non si chiede, ma si dichiara il proprio primato in cucina e nel cuore del proprio figlio.
- Certo, che come ti cucinavo io, con amore…solo mamma sapeva prendersi cura di te!
Una poesia del grande Eduardo De Filippo, esprime proprio questo concetto, concentrando la sua attenzione su un piatto in particolare: ‘o rau, da cui anche il titolo della poesia stessa.
Questa ricetta tipicamente partenopea, rappresenta uno dei piatti più tradizionali e popolari della nostra cultura culinaria, un vero e proprio must.
Si tratta di una preparazione che prevede pomodoro e carne, ma cotti insieme in un modo particolare e lentissimo, con la quale poi condire anche la pasta.
Eduardo nei suoi versi accusava la moglie di non prepararla bene come sapeva fare solo sua madre, denigrando la preparazione della consorte.

Eduardo De Filippo
‘O rraù
‘O rraùca me piace a me
m’ ‘o ffacevasulo mammà.
A che m’aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun sogno difficultuso;
ma luvàmell’’a miezost’uso.
Sì, va buono: cummevuò tu.
Mò ce avèssem’ appiccecà?
Tu che dice? Chest’èrraù?
E io m’a ‘o mmagnopè m’ ‘o mangià...
M’ ‘a fajedicerena parola?
Chesta è carne c’ ‘a pummarola.

Gli esempi in letteratura si sprecano; in fondo gli scrittori non fanno altro che fotografare a loro modo la realtà.
Vorrei riportare, quello che disse Laura Morante, durante un’intervista, a proposito di sua zia, la scrittrice Elsa Morante.
- Quando ero bambina vedevo mia zia, come una donna sola e infelice e mettevo in relazione la sua infelicità con il mestiere di scrittrice. Un suo amico raccontava che negli ultimi anni Elsa chiedeva a tutti: “Qual è secondo voi la frase d’amore più vera, quella che esprime al massimo il sentimento?”. Tutti dicevano grandi cose. Lei rispondeva: “No. La frase d’amore, l’unica, è: hai mangiato?”
Elsa Morante, vedeva in quella preoccupazione di sapere se si fosse mangiato, un modo vero e schietto di interessarsi di qualcuno, che si manifestava nel sincerarsi dell’espletamento o meno di quel bisogno primario.
Cos’è l’amore se non interessarsi dell’altro, portargli gioia, magari con un dolce, mostrargli attenzione preparandoglielo personalmente, o donandogli tempo preparandogli il pranzo o la cena?
Lo stesso bisogno primario che sottolineò tempo addietro, Virginia Woolf in un suo aforisma:
- “Non si può pensare bene, dormire bene, amare bene, se non si è mangiato bene.”
Tutti siamo stati coccolati da mamme, zie, nonne, eccetera, con i nostri piatti preferiti; quell’attenzione nei nostri riguardi era una manifestazione di affetto di quelle persone nei nostri confronti, era il loro amore per noi in un piatto.
Ora da mamma, molto spesso mi capita di voler coccolare culinariamente mia figlia, anche perché, ormai adolescente non mi concede coccole di altro genere.
Così cerco di preparare sempre meglio quelli che so essere i suoi piatti preferiti, come pizza, polpette o gateau di patate; ma uno dei suoi piatti preferiti, deve già riuscirmi abbastanza bene, vista la sua espressione di godimento quando lo mangia.
Per questo, quando voglio davvero farla felice, io le preparo la frittata di patate.
Proprio così, mia figlia ha un debole per il tubero in questione; fritte, al forno, persino confezionate in busta, ma la frittata di patate è il top, la manda letteralmente in visibilio.
Allora quando sono ben disposta e particolarmente affettuosa nei suoi confronti, mi armo di pazienza e di coltello, e comincio a pelare patate.
Una volta pelate e lavate, nuovamente con tanta pazienza le taglio a quadratini piccolissimi; c’è chi sbollenta le patate per fare la frittata, ma credetemi friggendole l’effetto finale è tutt’altro. Non vi preoccupate, non è olio che gronda, è solo amore.
Quindi, dopo aver fritto nella mia bella padella i quadratini di patate, faccio raffreddare tutto e poi elimino l’olio in eccesso…quasi tutto praticamente, dato che le patate ne sono pregne a sufficienza; mi raccomando raccogliete l’olio esausto, non disperdetelo nell’ambiente!
Nella stessa padella dove sono rimasti i quadratini di patate, butto le uova sbattute con sale e formaggio, a volte aromatizzate con rosmarino, e lascio cuocere.
Prima da un lato, poi dall’altro, e il gioco, pardon, il piatto, è fatto…intanto il profumo della preparazione ha talmente inondato la cucina, che mia figlia, appena rientra da scuola, si accorge della bella sorpresa.
Lei mangia contenta, senza sapere per ora, chissà in seguito, che in quel piatto c’è il mio amore per lei, che quel piatto dice semplicemente:
- “Mamma ti vuole tanto bene!”

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