UNA QUESTIONE DI SCELTE


Vivere, morire, scegliere...
Il concetto di morte è parte integrante della vita stessa, anzi possiamo dire che sia il suo finale, il calare del sipario dopo lo spettacolo, o anche, potremmo paragonarla all’uscita di scena di un personaggio da una storia. Questo per dire che in qualunque ipotesi consideriamo la morte, è importante quel congedarsi, il modo in cui viene fatto, e soprattutto come esso possa essere il risultato di tutta l’evoluzione di una trama e quindi perfettamente complementare e aderente ad essa, imprescindibile l’una dall’altra, la trama dal finale.
Credo che la scelta sia la cosa che più hanno in comune la vita e la morte, o perlomeno è quello che dovrebbe accadere sempre, almeno secondo me, perché scegliere è un diritto che dovrebbe poter esercitare ogni persona; noi scegliamo sempre, anche quando dichiariamo di non aver avuto scelta, perché scegliere fa parte del nostro bagaglio istintivo, è un automatismo che eseguiamo anche senza rendercene conto. Del resto, scegliere di non fare alcuna scelta, non equivale a farla?
Le scelte possono essere tantissime, sia per quanto riguarda la vita che la morte, sia per quanto riguarda il come che il quando.
C’è chi sceglie tenacemente di vivere nonostante tutto, chi sceglie di morire nonostante tutto e chi infine vuole poter scegliere un’uscita di scena dignitosa, un finale che possa soddisfare e corrispondere meglio alla trama della propria vita; una scelta per la vita, una scelta contro la vita, una scelta per la morte, una scelta contro la morte, ma comunque e sempre una scelta, da prendere, da subire, da accettare.
Ad esempio ci sono scelte di vita non semplici, scelte
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contro la morte, di chi ostinatamente vuole vivere, vuole comunque provarci malgrado ingenerosità che il destino le ha dato. Chi non si arrende alle difficoltà che quotidianamente, alcuni più di altri, incontrano durante il loro percorso, anzi fanno di queste il loro catalizzatore verso una resistenza a muso duro, che al tempo stesso non gli farà mai perdere di vista tutto il potenziale di felicità che ci circonda. Coraggio, forza ed entusiasmo, sempre e comunque, attaccati alla vita e scegliere di giocarsi la propria chance fino in fondo, contro tutto e tutti, Per loro solo il mio plauso incondizionato.
C’è un’altra possibilità però, quella di chi si arrende, di chi è esausto, stanco di lottare e vuole solo riposarsi, di chi si chiede continuamente perché tutto deve essere sempre così difficile. Magari, c’è anche qualcuno che agli occhi degli altri sembri non avere problemi rilevanti o insormontabili, ma la prospettiva giusta non è mai quella degli altri ma sempre la propria, quella in cui a volte neanche noi stessi riusciamo ad entrare o che addirittura rifiutiamo e allontaniamo. Queste persone scelgono la morte, la non vita, nonostante un’alternativa che non vogliono vedere, malgrado persone care che vorrebbero aiutarle; non so cosa scatti, forse si ingigantisce tutto a livelli esponenziali che non si riesce più a ridimensionare o forse tornare indietro, anche se si sa essere possibile, sembra ai loro occhi davvero troppo faticoso.
Per loro il mio rammarico, ma mai la mia condanna o critica. Una scelta è una scelta, non può sempre essere compresa, a volte va semplicemente accettata, per lasciare in pace chi è andato e anche chi resta.
Poi c’è la triste realtà di chi per un tragico incidente o per una fatale malattia, si ritrova catapultato in una vita che non è la sua, o meglio non sente più sua, non corrisponde
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più alla trama che fino a quel momento era stata tracciata; un ruolo che proprio non va, una svolta che non riesce ad aderire a quella che era la scelta di vita fino a quel momento. E poi c’è anche tanto dolore, troppo dolore, fisico e spirituale, tanto da non poter essere sopportato. Allora cosa si fa? Si sceglie la morte, l’uscita di scena che può essere paragonata a quella di un’artista in un momento ancora di gloria; o forse si sceglie la vita, o meglio la propria idea di vita, quella che si era scelta di vivere, alla quale non si riesce a dire addio così tranquillamente e neanche si può vivere soffrendo e dannandosi. A loro solo il mio assoluto e profondo rispetto.
Voglio concludere elencando quello che per me non si dovrebbe mai scegliere; non scegliete l’indifferenza, perché può ucciderci, anche se non letteralmente, e neanche la superficialità, verso tutto ciò che ci circonda e che può in qualche modo coinvolgerci; scegliete la solidarietà, l’empatia, la condivisione, sarà di giovamento a tutti, credetemi. Non scegliete le etichette, possono andar bene in un market, o le classificazioni, possono andar bene a scuola quando si studia, ma noi siamo persone, ognuna unica, straordinaria, speciale, mai normale, perché l’unica norma che conosco e quella di legge (p.s. sono un ex p.avvocato). Non scegliete le generalizzazioni, ma soffermatevi su quello che sembri essere particolare o speciale. Non scegliete i pregiudizi, ma fatevi un’idea tutta vostra analizzando le cose e i fatti, perché la verità che apparirà ai vostri occhi potrebbe stupirvi.
Ricordate sempre solo una cosa, che potrà esservi di sollievo. Nessuno è mai solo, anche quando sprofonda nella più ceca solitudine, fa parte di qualcosa più grande che lo circonda, anche se non se ne rende conto o semplicemente non vuole rendersene conto, perché aprir82
si al mondo circostante richiede uno sforzo notevole, ma notevole sarà anche la soddisfazione. Un vecchio adagio recita: uniti siamo più forti; io aggiungerei soli non siamo niente.

estratto dal libro "Annotazioni a margine - Raccolta di racconti, poesie e riflessioni" clicca qui

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