MI PARE OVVIO!



Avete mai pensato a quante parole o modi di dire usiamo non conoscendone né il profondo significato, né la loro etimologia?

Qualcuna di queste espressioni o vocaboli magari ci appaiono così sofisticate e dotte, talvolta sono anche in disuso, che ci sembra molto divertente e chic schiaffarle a destra e a manca in una conversazione per fare sfoggio di cultura e autoproclamarci profondi conoscitori del nostro lessico.

Niente paura, capita a molti spessissimo; la tentazione di usare quei pochi vocaboli colti o quelle massime incomprensibili che si conoscono è troppo forte, e quindi sovente la spavalderia e la spocchia prende il sopravvento in noi.

Ma non sarebbe “carino” anche riscoprire l’autentico significato di queste arcane e misteriose parole, oltre che la loro derivazione, piuttosto che usarle senza averne una reale coscienza?

Dopo questo preambolo, mi voglio divertire a raccontarvi l’origine di una di queste parole; si, perché è davvero divertente.

Non ci credete? Beh allora non vi resta che continuare a leggere. In fondo vi chiedo al massimo un paio di minuti di attenzione.

Il termine che esaminerò oggi è, squilli di trombe e rulli di tamburi, Lapalissiano. Bello vero? Abbastanza altero e pretenzioso, non c’è che dire.

Sul suo significato credo che non ci siano molti dubbi, più o meno tutti noi sappiamo che si usa per indicare che una cosa o una situazione appare evidente, scontata, ovvia. Allora perché non usare uno di questi tre sinonimi? A questo, mi dispiace, non so rispondere; riflettete magari sulla tentazione a cui ho accennato prima.

Ritornando a noi, tutti ne sappiamo il significato ma quanti conosciamo da dove deriva e perché si dice così?

Continuerò sempre ad asserire che uno dei principali ingredienti per fare cultura è una buona dose di curiosità, e voi che mi leggete di sicuro siete dei gran curiosoni.

La storia di questo aggettivo ha a che fare con una persona, un personaggio molto importante, come già succede per molte altre parole della lingua italiana: pensate, per esempio, a stacanovista, che deriva dal nome del minatore sovietico Aleksej Grigor'evič Stachanov.

Abbiamo detto che il suo significato è ovvio, scontato, lapalissiano appunto; Es. Era lapalissiano che, se avessi sbagliato anche quella verifica, saresti stato rimandato in matematica, e cioè era ovvio che, se avessi sbagliato anche quella prova, non avresti avuto la sufficienza in matematica.



L’aggettivo è associato al maresciallo Jacques de La Palice, e non perché questi avesse l’abitudine di pronunciarsi in modo ovvio e scontato. L’etimologia della parola lapalissiano infatti è associata non tanto a lui quanto a una cantica che i suoi soldati gli intonarono quando appresero della sua morte durante l’assedio di Pavia del 1525 (si tratta di quella parentesi storica che fa parte della guerra d'Italia del 1521-1526, meglio nota come guerra dei quattro anni, che vide il re di Francia Francesco I e la Repubblica di Venezia affrontare una coalizione costituita dal Sacro Romano Impero di Carlo V, il Regno d'Inghilterra di Enrico VIII e lo Stato Pontificio).



In questa cantica a lui dedicata due versi in enjabement recitavano:

hélas, s’il n’estoit pas mort

il ferait encore envie

che tradotti vogliono dire:

ahimè, se non fosse morto

farebbe ancora invidia.

Purtroppo, o per fortuna se pensiamo che tutto questo ha portato alla nascita di un’accezione del tutto nuova, vista l’assonanza e l’ambiguità grafica (ai tempi) tra s e f, l’ultimo verso fu letto e pronunciato in questo modo:

il serait encor en vie

e cioè:

sarebbe ancora in vita.

Perché si dica lapalissiano, ora, dovrebbe sembrarvi più semplice: se non fosse morto, infatti, è del tutto ovvio che sarebbe stato ancora in vita; l’affermazione, insomma, è lapalissiana.

Questo necrologio fu scoperto, poi, da Bernand de La Monnoye, che vi aggiunse altre quartine tra il XVII e il XVIII secolo: tale canzone fu riscoperta nel secolo XIX dal noto Edmond de Goncourt, che coniò proprio il termine lapalissade, un nome – e non un aggettivo qualificativo, come accade nella lingua italiana – che indica un’affermazione inutile (poiché già espressa in precedenza).

Una nota a margine, prima di concludere il nostro approfondimento sul perché si dice lapalissiano in alcuni casi: l’aggettivo non deriva dal cognome del maresciallo, bensì dalla città di provenienza Lapalisse, che ne ospita il suo castello ancora oggi.


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