La maternità al momento la teneva
assai impegnata, ma inaspettatamente si fecero assidue in quei giorni le visite
del nonno Antonio, che dopo aver coccolato un po’ l’ultima arrivata, si
intratteneva a lungo a chiacchierare con quella che da sempre era stata la sua
nipote preferita.
Antonia, era lieta di quelle visite,
anche se sapeva di essere un po’un ripiego alle giornate noiose del nonno, a
cui ormai, data l’età, i figli avevano interdetto la bottega e il suo lavoro di
falegname.
Seguirono ore ed ore di
conversazione, lunghe narrazioni di aneddoti e di storie passate; era talmente
piacevole starlo a sentire, che Antonia attendeva sempre con ansia il suo
arrivo.
Non le importava che il nonno
andasse da lei perché non sapesse cos’altro fare, ma godeva semplicemente della
sua presenza, felice di ascoltare tutto quello che gli saltava in mente di
raccontarle e felice di poter essere un diversivo per quell’uomo che con
l’avanzare dell’età sentiva di stare perdendo ogni cosa.
Ormai più che settantenne, il
vecchio Antonio era rimasto incastrato nella trappola fatta di ansie e premure
dei figli, Vittoria compresa, che a poco a poco gli stavano togliendo tutti
quelli che erano i suoi interessi e i suoi piaceri.
Prima lo obbligarono di smettere di
lavorare, anche per quel poco tempo che lui si era ritagliato facendo solo dei
piccoli e semplici lavori di falegnameria, più che altro per amici e
conoscenti, e lasciare definitivamente il locale che anni addietro aveva preso
come bottega; poi iniziarono a lesinargli anche il cibo, privandolo dei piatti
più gustosi troppo ricchi di condimento o dei dolci dei quali era goloso.
La nipote fu sua complice anche in
questo; capitava che alle volte gli faceva trovare un vassoietto delle sue
paste preferite o lo invitasse a pranzo per preparargli all’insaputa di tutti
qualche pietanza preparata ad arte secondo tradizione, naturalmente fra le sue
preferite.
Fu così che quelle ore trascorse a
casa della nipote, divennero una ventata di aria fresca per Antonio, che per il
resto viveva un’esistenza piatta e vuota.
Perché rovinargli, rendendoglieli
pesanti e tristi, gli anni della sua vecchiaia, quando poi così vecchio non ci
si sentiva?
Antonia questo lo capì e restituì al
vecchio nonno l’affetto e le attenzioni che lui seppe riservarle da piccola;
del resto tra loro due c’era stato sempre un legame speciale, suggellato dal
vecchio Antonio accompagnandola all’altare il giorno del suo matrimonio, come
un vero padre.
In cambio Antonia attingeva alla
saggezza e alla conoscenza dalla sua bocca, come fa un assetato da un agognato
pozzo; i racconti delle storie passate e delle vicissitudini della sua
famiglia, appassionarono Antonia come la lettura di un libro avvincente che ti
incolla alla sedia, con il valore aggiunto che quelle storie un po’ le
appartenevano.
Le raccontò di suo nonno, di cui
entrambi portavano il nome, e dell’origine del loro cognome, frutto di
intrallazzi e pianificazioni di gente ricca senza scrupoli. Le raccontò della
prima grande guerra, della quale aveva ricordi confusi visto che era soltanto
un bambino, e di come si portò via prima suo zio soldato e poi i suoi nonni
addolorati.
Le raccontò di suo padre, che aveva
sempre disprezzato, che non aveva saputo affrontare la vita, lasciandosi
travolgere e bruciando tutta la ricchezza che il nonno aveva saputo creare dal
nulla.
Le parlò del suo lavoro, che aveva
sempre amato; lo rendeva un creativo, capace di plasmare dalla materia oggetti
nuovi, utili o semplicemente belli. Le raccontò di come in poco tempo fosse
diventato bravo, da avere commissioni sia da privati che da negozianti per
costruire con le sue mani arredi eleganti e funzionali.
Poi le parlò dei ricordi devastanti
della seconda guerra mondiale, del lavoro che gli venne a mancare, della borsa
nera che si erano messe in testa di fare sua madre e sua nonna, del rumore cupo
dei motori delle fortezze volanti che lanciavano macigni di odio violento
sull’intera regione, del suono greve della sirena che ti gelava il sangue nelle
vene talvolta paralizzandoti, dei morti ammazzati dalla crudeltà del gioco
delle parti, fascisti e partigiani, e della speranza che tutto quello schifo
prima o poi sarebbe finito.
Infine le narrò, dietro sua
insistenza, anche delle vicende legate alla sua nascita. Antonia volle sapere
tutto quello che il nonno ricordasse in merito all’intera faccenda e a tal
proposito le confermò l’assoluto riserbo che Vittoria aveva sempre mantenuto
sul suo concepimento.
Benché il desiderio di sapere chi
fosse realmente suo padre non l’avesse mai abbandonata, Antonia non si stupì
più di tanto e intuì che quel segreto sua madre se lo sarebbe portato nella
tomba, non lasciandole alcuna possibilità di conoscenza delle proprie radici.
Estratto dal mio romanzo "L'inatteso" clicca qui
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