Ci
risiamo, è sempre la solita vecchia storia. Quando l’uomo medio, il potere
precostituito, la convenzione, o come altro vogliate chiamarlo, si trova di
fronte a un qualcosa di nuovo, di diverso, che potrebbe portare a un radicale
ma opportuno cambiamento, ha paura, esplode letteralmente usando qualsiasi tipo
di risorsa per mettere a tacere richieste a parer suo inaccettabili. Ma se dall’altra
parte c’è una forza, che al contrario agisce impavida, pronta anch’essa a
giocarsi il tutto per tutto per far sentire la sua voce forte e chiara e con sé
anche il proprio messaggio di ribellione. Sì perché, “preferisco essere una
ribelle che una schiava”.
Questa
introduzione per parlarvi ancora una volta di una storia vera, fatta di lotte (civili
e incivili) e sacrifici, in cui una folta parte della popolazione femminile
dell’Inghilterra degli inizi del ‘900, fu cosciente del proprio potere di donne
e fermamente decisa a reclamare il simbolo più immediato della loro importanza
socio-politica: l’esercizio del diritto di voto.
Sto
parlando del movimento delle Suffragette, che già conoscevo, ma che ho potuto
ancor meglio conoscere e apprezzare grazie al film trasmesso mercoledì sera su
Rai Tre (chi non l’ha visto può cercarlo e vederlo comodamente su Rai play,
credetemi ne vale la pena).
La
pellicola in questione è del 2015 ed è stata diretta da Sarah Gavron; tra i
protagonisti figurano, nel ruolo principale una giovane ma all’altezza Carey
Mulligan, come la giovane Maud che interpreta seppe dimostrarsi nella lotta
politica, e poi Helena Bonham Carter, Brendan Gleeson, Anne-Marie Duff, Ben
Whishaw, Romola Garai e Meryl Streep, che appare solo per pochi fotogrammi nel
ruolo della fondatrice e ispiratrice del movimento la signora Pankhurst.
Come
il governo usò qualunque mezzo per soffocare questo movimento femminista, e
quando dico qualunque lo dico per davvero, scomodando finanche i servizi
segreti, perché non si poteva permettere che la questione avesse una qualche
risonanza internazionale e quindi andava assolutamente fermata, così quelle
donne sacrificarono ogni cosa per la causa, la famiglia, il lavoro (se di
lavoro può parlarsi), e finanche la loro stessa salute, affrontando durissimi
soggiorni in carcere e torture materiali e psicologiche. Molti di loro
sacrificarono la propria vita, in ogni senso, anche fisicamente.
Noi
donne di oggi, abbiamo un grandissimo debito storico verso quelle donne non
dimentichiamolo mai!
All’inizio
ho parlato di solita storia; sì perché sia che tu sti parlando di razzismo, di
antisemitismo, di omofobia, di bullismo, o di qualsiasi altro atto deprecabile
contro un altro essere (non solo umano, vedi quello che ci divertiamo a fare
agli animali), ci troviamo di fronte al prepotente di turno che indossa la
maschera della forte autorevolezza. In realtà è solo un debole che ha paura,
paura del diverso, del nuovo, di qualcosa che potrebbe rivelarsi migliore di
lui; allora in questa furiosa reazione di fobia cosa fa? Discrimina, emargina,
infama, discredita, e se tutto questo non dovesse bastare passa alle maniere
forti; violenza, distruzione, annullamento.
È
triste che la storia ci abbia dimostrato e ancora continua a farlo, che le cose
vanno in questo modo, ma noi come quelle donne dobbiamo sempre difendere a
qualunque costo le nostre convinzioni, passando anche ai fatti se necessario, e
far capire all’altra parte che se c’è qualcuno che ha paura, quello è lui. La
vigliaccheria non fa per noi!
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