Che
succede quando due mondi, due realtà, due modi di essere si incontrano, o
meglio si scontrano? Lo scriveva anche Brecht che dal conflitto può nascere
qualcosa … di buono!?? Questo scontro/incontro a cosa può portare?
Di
sicuro all’inizio destabilizzerà, perché creerà panico e paura; altre
sensazioni potranno essere disgusto, incomprensione, durezza, insensibilità, estraneità,
indifferenza, disaccordo… allora che fare, se non chiudere repentinamente la
porta?
Ma
c’è anche chi la porta non la chiude, malgrado abbia avuto anche quelle
sgradevoli sensazioni, e che per curiosità, spirito di conoscenza, apertura
mentale, chiamatela un po’ come vi pare, la porta la lascia un tantino aperta;
sarà quel tanto che basterà a far passare, oltre a quelle prime sensazioni
istintive del momento, uno strano, inspiegabile, inaspettato sentimento di
attrazione e di stima reciproca, pronti a ricercare e approfondire nell’altro
quello che di buono si è visto o intravisto, accorgendosi che qualcosa di quell’altra
realtà, piace anche a sé.
È
questo che accade, in un certo senso, ai due protagonisti di un film divertentissimo
e lucido al tempo stesso, lungimirante e profetico, caciarone e riflessivo; sto
parlando di “Come un gatto in tangenziale”, che finalmente sono riuscita a
gustarmi.
Sì,
perché i due attori, che danno vita a questo gioco delle parti, io li adoro;
lei, Paola Cortellesi è unica, versatile e poliedrica, le ho visto fare di tutto
ed essere tutto, sempre bene per giunta; lui; Antonio Albanese che seguo dai
tempi di “mai dire goal”, ha saputo dimostrare di essere molto di più, e
rimarrà negli annali della comicità il suo personaggio pseudo-politico di Cetto
La Qualunque.
Il
film del 2017 diretto da Riccardo Milani, affronta lo spigoloso problema delle
periferie, che viene tanto sciorinato dalla società cosiddetta civile, ma che
poi “i fatti stanno a zero”. Perché in fin dei conti tra le due realtà esiste
incomunicabilità, e come fa uno a risolvere i problemi di un altro, se con lui
non comunica?
E
questa “contaminazione” allora, comincia ad essere solo una farsa, sulla quale
ridere e fare battutacce….
I
nostri due protagonisti saranno obbligati a conoscersi e frequentarsi a causa
del flirt adolescenziale dei loro figli, ma il tutto con estrema riluttanza,
che tanto “sta storia dura come un gatto in tangenziale. – cosa? – tanto me so
capita io.”
Infatti
la storia non dura, ma non per come può apparire a uno sguardo poco attento,
per l’incompatibilità dei due mondi; ma solo per l’effimeratezza dei sentimenti
di due adolescenti.
La
storia, quella adulta e consapevole, la inizieranno alla fine del film i due
genitori apparentemente in contrasto, che tanto hanno portato alla vita dell’altro.
Lei cercherà di migliorarsi grazie ad alcuni suggerimenti di lui, che la
considera troppo ingamba per non capirci niente, mentre lui grazia a lei avrà
ben chiare molte cose che prima sfuggivano ai suoi occhi e alla sua mente.
Insomma, con le loro diversità, si arricchiranno a vicenda.
Ma
scetticamente, alla fine della pellicola, mentre i due mangiano insieme un
pasto “contaminato” tra la pizza e il sarmale, proveniente dal nuovo progetto
imprenditoriale di lei, la Cortellesi guarda seria Albanese e gli dice: “Tanto
lo sai quanto dura sta storia”.
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