Non amo particolarmente i film di fantascienza, a meno che,
non abbiano una trama avvincente e quanto mai significativa. In quest’ ultimo
caso, posso anche adorarli. Rientra in questa categoria un film che ho
recentemente visto in televisione, In time, pellicola fantascientifica di
ambiente futuristico, scritta e diretta nel 2011 da Andrew Niccol, che già ci
aveva abituati bene a questo genere futuristico tra il giallo e il sociologico,
con il precedente Gattaca.
Rimanendo su In time, interpretato da un sempre più
collaudato Justin Timberlake, nei panni del ribelle della situazione, bisogna
dire che esso è ambientato precisamente nell'anno 2169, in un futuro dove le
persone sono geneticamente programmate per invecchiare soltanto fino a 25 anni:
il loro sviluppo fisico quindi si ferma a 25 anni, e da quel preciso momento sul
loro braccio parte un timer installato
sotto pelle e ben visibile, fermo dalla nascita fino al compimento del
venticinquesimo anno. Inizia così un conto alla rovescia, che dura solo un
altro anno, l’anno di bonus che viene donato ad ognuno alla nascita (mi ricorda
qualcosa), al termine del quale l'individuo morirà all'istante. Questo limite
può essere però esteso con ulteriore tempo, permettendo di vivere ancora, senza
peraltro invecchiare fisicamente. Il tempo quindi è finito per diventare la
valuta corrente con cui la gente viene pagata per il proprio lavoro, ed è il
mezzo di pagamento per le necessità ed i lussi; infatti, tramite una
particolare tecnologia, è possibile immagazzinarlo in appositi apparecchi,
trasferirlo di persona in persona, e così via. Pertanto ne risulta una società
squilibrata, dove i ricchi possono vivere per sempre, mentre gli altri cercano
di negoziare giorno per giorno la loro sopravvivenza. La metafora un po’ del
tempo è denaro, in un futuro dove lo è per davvero.
Le premesse della trama sono ottime, e catturano da subito
lo spettatore, che ormai si sente travolto dalla paradossale situazione. E
anche quando il protagonista del film, Will Salas, comincia a ribellarsi al
sistema per volerlo scardinare, il fascino della storia continua a catturare il
pubblico; anche se la trama in seguito si indebolisce, lo spettatore è ormai
preso dalla vicenda e non rinuncerà a guardare quello che forse è un finale
scontato.
Will vive con la madre, ormai cinquantenne, nella zona 12,
la zona più povera, chiamata "il ghetto". In questa zona le persone
vivono alla giornata, cercando di guadagnare un altro po' di tempo ed evitare
di far scadere il loro "orologio vitale". Will lavora in una fabbrica
che produce gli apparecchi in cui viene immagazzinato il tempo. Intanto
l'inflazione cresce, gli stipendi calano e il costo della vita aumenta, e
sempre più persone perdono la vita una volta scaduto il proprio tempo (un altro
degiavois, la storia non cambierà neanche tra 150 anni ?!!).
Una sera, entrando in un bar della zona 12, Will conosce un
uomo, Henry Hamilton, intento ad offrire da bere a tutti, nel tentativo di
riuscire a spendere tutto il proprio tempo; il timer sul suo braccio segna più
di 116 anni. Improvvisamente, nel bar irrompono i Minutemen, criminali che rubano
il tempo agli abitanti della zona 12 (il denaro non c’è!). Tutti scappano,
tranne Will, che decide di aiutare Hamilton. Si nascondono in un fabbricato e
Hamilton spiega a Will il motivo per cui ha deciso di smettere di vivere. Egli
ha già vissuto 105 anni e non vuole più continuare a vivere in questo modo,
come un privilegiato: infatti ha anche scoperto che ci sono delle persone che
controllano tutto (i prezzi, le paghe, ecc..) per fare in modo che la società
rimanga divisa tra ricchi e poveri, con il fine di mantenere il loro status. Se
tutti vivessero in eterno, infatti, ci sarebbe una crisi perché il mondo non è
illimitato, quindi la gestione delle tasse e delle paghe viene fatta in modo
che pochi vivano secoli, millenni o per sempre, mentre i poveri continuino a morire,
mantenendo un equilibrio, ingiusto, ma pur sempre un equilibrio.
La mattina dopo Hamilton, mentre Will dorme, gli regala
tutti i suoi 116 anni di vita, morendo poco dopo. La sera successiva, la madre
di Will finisce il proprio tempo a causa dell'inflazione, prima che possa
raggiungere il figlio e muore fra le sue braccia. Will decide di sfruttare il
patrimonio ottenuto per andare a New Greenwich nella zona 4, la più ricca. La
sera va a giocare in un casinò dove incontra il ricco signor Weis e sua figlia
Sylvia; con una partita a poker Will riesce a guadagnare 900 anni. Nel
frattempo, il Guardiano del Tempo Raymond Leon, una specie di investigatore
della Guardia di Finanza rammentando sempre il parallelo tempo-ricchezza, si
mette sulle tracce degli anni di Hamilton spariti dal suo braccio all’improvviso
causandone la morte, e li rintraccia in
possesso di Will. La sera seguente l'agente lo arresta, lasciandogli solo due
ore di vita. Will riesce a liberarsi e fugge prendendo in ostaggio Sylvia Weis.
Tornato al ghetto tenta di ricattare il signor Weis: 1000 anni all'associazione
Caritas della zona 12 in cambio di Sylvia.
Il signor Weis non accetta e manda Leon a cercarli. Quando
Sylvia scopre che il padre non era disposto a pagare per lei, aiuta Will, di
cui ormai è innamorata, a fuggire e si unisce a lui nel tentativo di sovvertire
il sistema. I due cominciano a rapinare le "banche del tempo" della
famiglia Weis, regalando il tempo ai più poveri. Tuttavia, il sistema risponde
aumentando i prezzi e riportando la situazione come prima. Per sovvertire le
cose, i due fingono di arrendersi al signor Weis, per poi prenderlo in ostaggio
e rubargli un milione di anni. Inseguiti da Leon, i due giungono nel ghetto
distribuendo il tempo, per poi fuggire di nuovo inseguiti dal guardiano.
Il finale non ve lo racconto per incentivarvi alla visione
del film, ma da quel che vi ho anticipato, avrete capito che finisce tutto “a tarallucci
e vino”, dove l’eroe americano non poteva fallire nel suo intento da Robin Hood.
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