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Dobbiamo tenerci lei e la creatura -, sentenziò solennemente la donna, e
Antonio annuì come per voler dire, certo, cosa credi che non lo sappia?
Nonostante tutto, si trattava pur sempre di un padre amorevole, di quelli che
mettono sempre i figli e la famiglia al primo posto. Certo non fu semplice per
nessuno, specialmente a causa del silenzio ostinato della ragazza.
Era
normale e legittimo che entrambi i genitori della ragazza volessero sapere il
chi, il quando, il come e il perché; ma lei niente, neanche la furia che
talvolta balenava nello sguardo del padre la faceva barcollare da quella sua
posizione di assoluto riserbo.
Vero
è che Vittoria aveva sempre avuto un carattere chiuso, riservato, taciturno:
assomigliava nel carattere, più al nonno che allo zio di cui portava il nome.
Ma adesso non si trattava di raccontare di chi ti avesse infastidito e
picchiato a scuola, come a volte le era accaduto quando era piccola.
Il
padre ricordava ancora quel suo mutismo assurdo ed ostinato di quando era
bambina e le chiedeva spiegazioni per un grembiule strappato o per un ginocchio
sbucciato.
Quindi
quei poveretti, non solo dovettero tenersi in casa una figlia svergognata con
il frutto di quella vergogna, ma dovettero anche rinunciare per sempre al
diritto di avere una spiegazione. Diritto, che Vittoria negò anche a quella
creatura che portava in grembo; diritto a una verità che avrebbe portato con sé
nella tomba.
Come
poteva confessare che l’uomo che aveva colto il suo più bel fiore, e che lei
aveva lasciato libero di farlo, era il padrone di casa dove prestava servizio
come cameriera. Un uomo sposato, con figli, un importante avvocato che solo se
avesse aperto bocca, l’avrebbe rovinata: questa fu la minaccia dell’uomo quando
Vittoria lasciò il lavoro, e non sapeva ancora di essere incinta; di cosa
sarebbe stato mai capace, se oltre a raccontare della loro tresca avesse anche
fatto venir fuori che l’avesse messa incinta?
Preferì
tacere per sempre, e poi erano gli anni del dopoguerra, anni difficili, fatti
di tanti figli di nessuno; che differenza vuoi che facesse uno in più o uno in
meno. Così, suo padre Antonio, non avrebbe mai saputo che il colpevole, che
aveva creato quel grande disagio in famiglia, era ancora una volta un
Signorelli; forse fu meglio, perché in questo modo non si sarebbe mai sentito
in colpa, di aver lasciato che la figlia prestasse servizio presso quella
gente.
Ironia
della sorte, dopo tanti sforzi per mettere le giuste distanze, tra le due
stirpi, una bastarda e l’altra legittima, ora queste avevano mischiato il loro
sangue. Vittoria avrebbe dato alla luce un essere per metà Signorelli e per
metà Selvaggi, un po’ ricco e un po’ povero. Chissà, forse questo era un
presagio di quello che sarebbe dovuto avvenire.
Il
destino è sempre pronto a servire quello che non ci si attende, ma che si deve
semplicemente accettare se non si vuole soccombere e impazzire, come già era
accaduto al povero Francesco, che si era lasciato andare alla furia degli
eventi intorno a sé.
estratto dal romanzo "L'inatteso" di Cinzia Perrone clicca qui
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