Come affrontare l'imprevedibilità del destino; varie sono le possibilità e i modi di reagire di ogni singolo individuo.
Oggi voglio condividere sul blog la bella prefazione al mio ultimo romanzo "L'inatteso", che gentilmente ha voluto concedermi lo scrittore e storico jesino Marco Torcoletti, una chiara chiave di lettura all'intera vicenda e un esplicito e accorato invito alla lettura del libro, pieno di colpi di scena come ben anticipato dal titolo.
Prefazione
Il binomio bene-male,
che ha ispirato grandi opere, da Stevenson a Steinbeck, è un tema primordiale
della letteratura, così come lo è l’imprevedibilità. Con quest’ultima si
confronta Cinzia Perrone ne l’Inatteso, un romanzo breve ma intenso, che
attraversa più generazioni di due famiglie del meridione, quella dei notabili
Signorelli e quella dei Selvaggi, a cavallo tra gli orrori e le miserie delle
due guerre mondiali, in lotta con sé stesse ma anche con le ipocrisie, i vizi e
le debolezze proprie e del proprio tempo. Il desiderio di dare continuità alla
dinastia, spinge i Signorelli a lavare l’onta di una presunta sterilità con
l’adozione di un bambino, Antonio. Ostentato come un trofeo prima, gli verrà
poi chiesto di rinunciare al cognome in cambio di una cospicua somma, allorché
la coppia riesce ad avere un figlio naturale. Il giovane accetta, pur di
realizzare i propri scopi e dar vita ad un’impresa: da Signorelli diventa
Selvaggi. L’uomo dispone ma la sorte, o per l’appunto l’inatteso, mescola le
carte. Ed è così che le strade delle due dinastie, ormai separate, torneranno
ad incrociarsi contro la stessa iniziale volontà di chi ne aveva maldestramente
decretato l’allontanamento, con apparente sapore di rivincita sull’ingiustizia
subita da Antonio. Opera didascalica, dove ogni azione e sentimento sono
passati a setaccio e osservati a microscopio, il romanzo della Perrone è quasi
un monolite, che si legge senza staccare gli occhi dalla pagina. Ineluttabilità
della sorte ma anche lotta, a tratti coraggiosa, contro le sue cieche insidie.
Fatalismo e a tempo stesso il raggio della speranza irrorato dall’indomita
natura dell’essere umano, che se costretto a piegarsi al destino, non smette
mai di lottare. Ne saranno testimoni i due protagonisti nel finale, i nipoti di
Antonio, Gianpaolo e Antonia che nell’amore sancito dal legame di sangue,
riconquistato dopo essere stati separati alla nascita, troveranno la forza e il
coraggio per affrontare le incertezze della vita. Come in Steinbeck, Perrone
non si sottrae ad una rigorosa rappresentazione delle asperità dell’esistenza,
in fondo alla quale brilla però la luce della speranza, secondo i dettami di
una poetica popolata da famosi precedenti. Vegliate perché non conoscete il come
e il quando: con implicito rimando al precetto evangelico, si chiude lo spazio
scenico della finzione letteraria, giacché al pari della realtà e con esempi
illustri dell’arte, non tutti i nodi si sciolgono al termine dell’opera.
Infatti, la vita va avanti e soprattutto è terra di dominio dell’Inatteso.
Marco Torcoletti
Giornalista
e storico
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