Dal nichilismo di Nietzsche alla speranza di Guccini
«Dio
è morto» è un celebre motto, aforisma o apoftegma del filosofo esistenzialista
Friedrich Nietzsche, contenuto nella sua opera La gaia scienza; esso sintetizza
ermeticamente la decadenza del mondo occidentale nell'ultimo squarcio di
millennio. Si ritrova inoltre nel classico di Nietzsche Così parlò Zarathustra),
che è maggiormente responsabile della popolarità della frase.
«Morti sono tutti gli dèi: ora vogliamo che
l'oltreuomo viva» – questa sia un giorno, nel grande meriggio, la nostra ultima
volontà!»
Dio,
inteso come la divinità di origine giudaico-cristiana protagonista della storia
dell'Occidente a partire dal trionfo del cristianesimo con la caduta
dell'Impero romano d'Occidente in poi, essendo stato per duemila anni il
principio supremo a cui erano soggetti tutti i valori dell'Europa, ha perso il
suo significato e la sua importanza con l'avvento della modernità, insieme allo
sviluppo della scienza e della tecnologia che questa ha portato con sé.
Scomparso l'ordine divino che sorreggeva la società cristiana del Medioevo,
sono spariti anche tutti gli altri valori dell'Occidente, che devono ora essere
rivalutati, aprendo quindi la strada al nichilismo.
Dio
è morto non è inteso letteralmente, come Dio è fisicamente morto, piuttosto è
la maniera usata da Nietzsche (che infatti riteneva che Dio non esistesse) per
dire che l'idea di Dio non è più fonte di alcun codice morale o teleologico.
Nietzsche riconosce la crisi che la morte di Dio rappresenta per le
considerazioni morali esistenti, poiché «quando uno rifugge la fede cristiana,
uno si toglie il diritto della morale cristiana da sotto i piedi. Questa
moralità è senza dubbio auto-evidente... Rompendo uno dei principali concetti
della cristianità, la fede in Dio, cade il tutto: nulla di necessario rimane
nelle mani». Ciò è perché ne Il Folle, il folle si rivolge non ai credenti, ma
agli atei – il problema è ritenere valido un qualunque sistema di valori in
assenza di un ordine divino.
La
morte di Dio è un modo per dire che l'uomo non sarà più capace di credere in
qualunque ordine cosmico quando riterrà che non ne esiste uno. La morte di Dio
condurrà, secondo Nietzsche, non solo al rifiuto della credenza in qualsivoglia
ordine cosmico o fisico, ma anche al rifiuto dei valori assoluti stessi – al
rifiuto di credere in un'oggettiva ed universale legge morale che lega tutti
gli individui. In questa maniera, la perdita di una base sicura della morale
condurrà al nichilismo. Il nichilismo è ciò su cui Nietzsche lavorò per trovare
una soluzione al fine di rivalutare i fondamenti dei valori umani. Questo
significò, per Nietzsche, cercare una base che andasse più a fondo dei valori
cristiani.
Dio
è morto di Francesco Guccini
Il
titolo del brano riprende il celebre aforisma di Friedrich Nietzsche, ma per
stessa ammissione di Guccini la canzone ha attinto al poema Urlo di Allen Ginsberg,
almeno per quanto riguarda l'incipit.
Con
questo brano il gruppo partecipò al Cantagiro 1967 per poi includerla, nello
stesso anno, nell'album Per quando noi non ci saremo. Il pezzo, ritenuto
blasfemo dalla Rai e subito censurato, fu invece messo in onda da Radio
Vaticana, non nuova ad azioni di questo tipo.
Dio
è morto è senza dubbio uno dei pezzi più conosciuti dei Nomadi, tanto che viene
suonata ininterrottamente nei loro concerti a partire dal 1967 ed è stata più
volte reincisa, sia in studio che live.
Dio
è morto "parla apertamente di corruzione e meschinità, di falsi miti e di
falsi dei. Equivocando sul titolo (che richiama la celebre espressione
nietzschiana) e fraintendendo il significato del testo, la Rai censurò questo
brano che rappresenta uno dei vertici, non solo della produzione gucciniana, ma
dell'intera canzone d'autore italiana. Il sospetto di blasfemia per quanto
riguarda questa canzone può infiltrarsi soltanto in una mente superficiale: ne
sia prova il fatto che Dio è morto venne invece trasmessa da Radio Vaticana.
Perché? Perché qualche persona intelligente aveva compreso che la canzone in
realtà non celebra la morte di Dio ma proclama la necessità di una nuova
rinascita spirituale e morale, e rappresenta una critica al "perbenismo
interessato", al falso moralismo, all'imperante ipocrisia, al vuoto
consumismo, al becero edonismo: e per capire tutto ciò basta fare attenzione
alla chiusa, dove di Dio (e non di falsi idoli) si dice apertamente che "è
risorto". La ripresa anaforica
finale, l'insistenza sulla "resurrezione" di Dio (cioè sull'esigenza
di valori etici), non suona retorica perché se ne avverte la verità profonda,
come del resto dimostra una dichiarazione dello stesso Guccini: "Aggiunsi
una speranza finale non perché la canzone finisse bene, ma perché la speranza
covava veramente".
Nella
prima parte dice i motivi perché dio è morto le altre volte oltre la croce in
cui è morto! È un Dio che è morto ai bordi delle strade nei miti dell'estate in
tutto ciò che si è sempre mascherato con la fede, la nazionalità che porta a un
odio per chi non appartiene alla stessa nazione una politica che ormai funziona
solamente per fare carriera senza ideali, e poi soprattutto nei campi di
sterminio Dio è morto con i miti della razza. Dio è morto! Quante volte è moro
in ognuno di quelle persone torturate e uccise nei campi di sterminio e quante
volte è morto nell'odio che nasce dal pensiero che la propria razza sia
superiore alle altre! Ma c'è un "ma": ma penso che la mia generazione
è preparata ad una speranza appena nata ad un futuro che ha in mano ad una
rivolta senza armi, forse la rivolta dell'amore perché sappiamo che se Dio
muore è per tre giorni e poi risorge in ciò in cui noi crediamo in ciò che noi
vogliamo nella nostra speranza attraverso quelle piccole luci di amore che
siamo noi Dio è risorto!
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