La
famosa canzone recitava “Io, mammeta e tu…”, per indicare quella presenza un
po’ ingombrante, un po’ invadente, che tutto osserva e scruta.
Oggi
siamo consapevolmente e felicemente spiati in ogni dove dalle tecnologie più
disparate: satelliti, internet, webcam, etc.…anzi autorizziamo nella maggior
parte dei casi questa invasione di privacy.
La
poesia di due innamorati che un tempo veniva disturbata e messa a dura prova
dalla mammeta di turno, oggi trova altri complici disturbatori; uno su tutti
potremmo citare i cellulari, che ti acciuffano dovunque (giorni fa ho
constatato un minimo di campo persino nelle grotte di Osimo), con i loro sms
(non è una parolaccia, è l’acronimo della sigla dell'inglese Short Message
Service, servizio messaggi brevi), con applicazioni come WhatsApp e la sua
terrificante doppia spunta (ma anche quella si può aggirare), e tutte le
applicazioni social annesse e… connesse.
Che
tu sia al ristorante o seduto sulla tazza, devi assolutamente guardare se hai
notifiche sul cellulare; una volta al bagno si leggeva, c’erano cataste di
libri ammucchiati sulle lavatrici, o almeno riviste di ogni tipo sul cesto dei
panni sporchi o sul davanzale. Ora l’amico a cui fare appello anche nel momento
del bisogno, è lo smart phone.
Se
il cellulare sta ostacolando e limitando i rapporti umani, esiste un altro
mostro tecnologico che sta irrompendo nell’incanto che creano alcuni posti da
assaporare solo con i cinque sensi umani: il drone.
Chi
è costui? Pussa via!
Come
chi è, ormai lo conoscono tutti; è il risultato delle più sofisticate ricerche
e applicazioni nella nanotecnologia. Nano…che?
Dai
non facciamo gli ignoranti o i bacchettoni!
Negli
ultimi mesi sono saliti alla ribalta della Rete e promettono di diffondersi a
macchia d’olio: i droni sono una di quelle evoluzioni tecnologiche, nonché una
mania, destinate a diventare una consuetudine quotidiana. L’istinto al volo, il
gusto nerd, il salto di qualità delle riprese video: tutti ingredienti
dell’esplosione di un nuovo fenomeno, feticcio di grandi e piccini pronti a
prendere il volo sulle ali del giocattolino.
La
parola “drone” non è altro che il nome comune, e forse improprio, per definire
una speciale categoria di oggetti volanti: gli Aeromobili a Pilotaggio Remoto
(APR). Così come suggerisce la definizione, si parla di dispositivi di varie
dimensioni capaci di librarsi in cielo senza necessità di un pilota a bordo,
che rimane a terra – o su un veicolo adiacente – armato di radiocomando per
dirigerne i movimenti.
La
loro storia ha inizio addirittura nella Prima Guerra Mondiale, quando l'”Aerial
Target” e la cosiddetta “Bomba Volante” (1916) fecero la loro apparizione – sia
teorica che pratica – sui campi di battaglia per dei test preliminari. Da qui
il percorso si è quasi esclusivamente sviluppato in ambito militare, sia a
scopi di spionaggio che di bombardamento, ma quel che interessa in questo
frangente è la loro conversione per l’utilizzo civile. A partire dalla metà
degli anni 2000, infatti, sempre più società hanno sviluppato dei prodotti
consumer, una sorta di successore degli aeroplani telecomandati usati in
infanzia o dal folto nugolo di appassionati di modellismo.
L’impiego
di questa risorsa è il più svariato in ambito civile:
-
i droni sono sempre più impiegati dalle
forze di polizia per il monitoraggio delle attività della criminalità
organizzata, soprattutto nella ricerca di piantagioni da droga, non sempre
individuabili dagli elicotteri data la distanza;
-
i velivoli radiocomandati risultano
estremamente utili per l’osservazione dall’alto di aree verdi non raggiungibili
via terra, così come anche durante le calamità naturali oppure nella verifica
delle strutture architettoniche colpite da terremoti o altri disastri. Proprio
in questi frangenti, sono utili anche per la ricerca dei dispersi, perché possono
svettare tra le macerie dei palazzi senza mettere a rischio vigili del fuoco e
volontari;
-
per raccogliere dati qualitativi e
quantitativi su un determinato territorio, sulla base dell’analisi della
radiazione elettromagnetica emessa o riflessa. I droni vengono dotati di
speciali sensori, quindi inviati sui campi per raccogliere informazioni sullo
stato delle colture, in città per il rilevamento della dispersione termica
degli edifici, l’analisi degli inquinanti presenti in atmosfera e molto altro
ancora;
-
sui droni vengono spesso montate
videocamere per delle riprese aeree, sia a scopo professionale – nel cinema o
nella cartografia dall’alto – ma anche ludico – videoamatori, progetti
scolastici e via dicendo.
Quindi,
come per tutte le invenzioni umane, ci troviamo sì di fronte a un enorme
risorsa, ma il cui uso improprio e esagerato, può svuotarla di tutta la sua
effettiva utilità.
Può
avvenire ad esempio, che un mio amico artista (poeta, scultore, pittore,
fotografo…) sia molestato da uno di questi aggeggi fatto volare dal ragazzetto
bighellone, mentre si trovi in contemplazione ascetica in un luogo pervaso di
spiritualità e natura; vogliamo davvero farlo arrabbiare?
Un
mio professore del liceo, ci ripeteva sempre questa frase, “est modus in rebus”,
traducibile in lingua italiana con “esiste una misura nelle cose”; allora, la
vogliamo trovare questa misura?
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