C’erano una volta Sacco e Vanzetti…
Non
fisicamente, ovvio, ma rivivono simbolicamente in ogni ingiustizia, in ogni
pregiudizio, in ogni ricerca di un capro espiatorio, per lavare la faccia a
quello stato sociale spesso inesistente, che invece se la sporca ancor di più.
Sono
stati anche loro figli di una emigrazione Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti,
quella italiana negli States, quella di quei tanti nostri connazionali che
all’inizio del secolo scorso andavano alla ricerca di quel sogno americano di
cui tanto si parlava, per sfuggire a una magra esistenza fatta di stenti, fame,
dolore e miseria.
Facevano
parte di quei tanti poveri migranti italiani Sacco e Vanzetti, definiti dal
governo che li accoglieva luridi e sporchi, trattati peggio di appestati.
Novantuno
anni sono passati da quella brutta storia, a volte dimenticata, forse perché è
l’emblema dell’ingiustizia umana, di come la macchina che tutto imbruttisce e
deturpa, riesca a spazzar via ciò che prima ha distrutto.
Accusati,
per puro comodo, di un duplice omicidio nel corso di una rapina, dopo un
processo farsa, Sacco e Vanzetti furono condannati alla sedia elettrica in
un clima antisindacale e xenofobo, perché italiani, perché emigrati, perché
anarchici.
Forse
l’errore giudiziario più clamoroso del secolo; entrambi facevano parte del
collettivo anarchico italo-americano in lotta contro il razzismo.
A
nulla valse la confessione durante il processo di un detenuto che aveva partecipato
al colpo e che disse di non averli mai visti. Era già tutto deciso. La sentenza
fu eseguita a Charlestown il 23 agosto 1927.
Solo
a cinquant’anni di distanza, nel 1977, il governatore del Massachusetts,
Michael Dukakis, riconobbe ufficialmente l'errore giudiziario e riabilitò la
memoria di Sacco e Vanzetti.
Sacco,
un calzolaio, e Vanzetti, un pescivendolo, sono state vittime di un'ondata
repressiva che investì l'America, che doveva fare i conti con la crescente
migrazione e con le continue rivendicazioni sociali contro il governo.
Vanzetti,
al processo, descriverà così l'esperienza dell'immigrazione: "Al centro
immigrazione ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti
animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il
fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in
America". E in seguito scrisse: "Dove potevo andare? Cosa potevo
fare? Quella era la Terra Promessa. Il treno della sopraelevata passava
sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre
senza badare a me".
Come
altri anarchici del collettivo cui appartenevano, allo scoppio della Grande Guerra
fuggirono in Messico per evitare la chiamata alle armi, perché per un anarchico
è inaccettabile uccidere o morire per ragioni di Stato.
Di
ritorno nel Massachusetts al termine del conflitto, furono senza saperlo inclusi
in una lista di sovversivi compilata dal Ministero di Giustizia, così come furono
pedinati dagli agenti segreti statunitensi.
Nella
stessa lista era incluso anche un amico di Vanzetti, il tipografo Andrea
Salsedo, il quale fu trovato sfracellato al suolo alla base del grattacielo di
New York dove al quattordicesimo piano aveva sede il Boi (Bureau of
Investigation), dove Salsedo era tenuto prigioniero ormai da lungo tempo,
illegalmente.
Entrambi
organizzarono un comizio di protesta per l’accaduto, comizio che avrebbe dovuto
avere luogo a Brockton il 9 maggio, ma furono arrestati prima perché trovati in
possesso di una rivoltella e di alcuni appunti da destinarsi alla tipografia
per l'annuncio del comizio. Poche settimane prima del loro arresto, era
avvenuta una rapina a South Braintree, un sobborgo di Boston, nella quale erano
stati uccisi due uomini, il cassiere della ditta (il calzaturificio
«Slater and Morrill») e una guardia giurata.
Era
l’occasione giusta per liberarsi di due personaggi scomodi, fornire dei
colpevoli dell’accaduto, e incrementare quella politica del terrore avallata
dal ministro della Giustizia Palmer, fatta di intolleranze e pregiudizi.
Politica che culminò nella vicenda delle espulsioni.
Quindi,
i due, pochi giorni dopo il loro arresto furono accusati di quel terribile
delitto; li avevano messi di prepotenza al posto giusto nel momento giusto, non
per loro però.
Due
agnelli sacrificali, colpevoli di essere militanti anarchici, di scioperare e
di manifestare contro la guerra.
Vanzetti,
in particolare, durante il ridicolo e frettoloso processo che vide entrambi gli
emigrati italiani protagonisti, disse rivolgendosi per l'ultima volta al
giudice Thayer:
«
Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata
creatura della Terra — non augurerei a nessuna di queste ciò che ho dovuto
soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho
sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un
anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano,
e davvero io sono un Italiano [...] se voi poteste giustiziarmi due volte, e se
potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto
già. »
Lo
stesso giudice Webster Thayer li definì senza mezze parole due bastardi
anarchici.
Quando
il verdetto di morte fu annunciato alla cittadinanza, in molti si mobilitarono organizzando
una manifestazione davanti al palazzo del governo, a Boston che durò ben dieci
giorni, fino alla data dell'esecuzione. Il corteo si spinse fino alla prigione
di Charlestown, dove la polizia aspettava i manifestanti appostata sulle sue
mura con tanto di mitragliatrici.
La
loro esecuzione diede il via a numerose rivolte popolari in tutto il mondo, da
Londra a Parigi, e in diverse città della Germania. Una bomba di probabile
matrice anarchica, nel 1928 devastò l'abitazione del giudice Webster Thayer, il
responsabile della condanna di Sacco e Vanzetti; il giudice era assente e la
bomba non colpì l'obiettivo, ferendo però la moglie e una domestica.
L’odio
ha generato sempre e solo odio, e il pregiudizio e l’intolleranza sono figlie
dell’odio.
La
storia di questi due uomini, vittime di un sistema chiuso a cui ci si deve solo
conformare, deve essere ricordata.
Sacco
e Vanzetti rappresentano la libertà, diritto inalienabile di ciascuno, il
governo che li punì rappresentò la volontà di soffocarla; in questo continuo
deficit di memoria storica, quando cominceremo ad imparare dai nostri errori?
Quanti agnelli immoleremo ancora sull’altare delle nostre certezze incrollabili
e inconfutabili?
Sacco
e Vanzetti, condannati non solo perché ritenuti sovversivi, ma anche per le
loro origini. Oggi, nell'era di Trump, sono discriminati i nativi, gli ispanici
e i musulmani.
Non
solo l’America offre esempi di intolleranze etniche, ma da ogni parte, in nome
della salvaguardia di una presunta identità nazionale, si perseguita a volte il
più debole, con cui è più facile prendersela, per un colpevole in pasto ai
leoni, come nel caso di due emigrati italiani.
La
vicenda di Sacco e Vanzetti deve restare a monito delle aberrazioni provocate dall’intolleranza
xenofoba che periodicamente investe la nostra attualità; anche se non più con
episodi eclatanti di ingiustizia giuridica perpetrata da uno stato di diritto
(sarà vero?), comunque con altrettanti efferati delitti, sciocche
recriminazioni e ingiusti ostracismi.
Il
mondo è stanco di vittime e carnefici che si rincorrono senza tregua, perché il
mondo appartiene a tutti e tutti liberamente e legittimamente hanno il diritto
e il dovere di starci al meglio.
Cinzia Perrone
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