Cenerentola gatta morta
Chi non conosce la favola di Cenerentola? La favola per eccellenza, per molti, la più conosciuta e la più amata dalle bambine. Non c’è bisogno, quindi, di presentarla: sappiamo tutti che la povera orfanella sfuggirà alle angherie della matrigna grazie all’aiuto di una fata e riuscirà a sposare il principe grazie alla scarpetta di cristallo. Siete davvero sicuri che questa sia la storia originale? In realtà, la favola scritta da Perrault e dai fratelli Grimm non è altro che il riadattamento di una fiaba napoletana. Si tratta di “La Gatta Cenerentola”, presente ne “Lo Cunto de li Cunti” di Giambattista Basile, una delle più maestose e complesse opere in Lingua Napoletana.
Come spesso avviene nelle favole di Basile, anche questa è molto più
cruda ed “adulta” delle successive versioni, ma, proprio per questo,
decisamente più interessante. “La Gatta Cenerentola” è stata resa nota al
pubblico grazie, principalmente, allo spettacolo teatrale di Roberto De Simone,
con Peppe Barra e, negli ultimi tempi, grazie ad un cortometraggio realizzato
da alcuni giovani napoletani. Tuttavia, per chi non conoscesse la storia scrivo
un breve riassunto.
C’era una volta un principe rimasto vedovo, ancora giovane, con una
figlia che amava più di ogni altra cosa, Zezolla. Per lei il padre aveva fatto
chiamare una delle migliori maestre di tutto il regno, Carmosina, donna
paziente ed amorevole con la piccola. Tuttavia, l’uomo si innamorò presto di
una donna ambiziosa ed arcigna e la sposò. La nuova matrigna maltrattava in
continuazione Zezolla, al punto che la bambina arrivò a sfogarsi con la
maestra. Carmosina colse subito la palla al balzo per consigliare alla
discepola un modo perfetto per disfarsi dell’odiata donna: dopo averle chiesto
un vestito vecchio da una cassapanca, la piccola avrebbe dovuto far chiudere il
mobile sul cranio della matrigna, uccidendola.
Zezolla non se lo fece ripetere due volte ed in pochi giorni il padre
fu nuovamente vedovo per un “tragico incidente”. Trascorso il lutto, la figlia
insistette affinché il padre sposasse proprio la sua maestra ed il principe
obbedì esaudendo i suoi desideri. Il giorno delle nozze, Zezolla vide una
colomba bianca sul suo terrazzino. L’uccello iniziò improvvisamente a parlarle,
dicendo: “Quando ti viene voglia di qualcosa, mandala a chiedere alla colomba
delle fate nell’isola di Sardegna, ché l’avrai subito”.
Carmosina si dimostrò in pochi giorni peggiore della vecchia matrigna,
rivelando di avere sei altre figlie e portandole tutte a vivere nella nuova
dimora. Spinto dalla donna, il principe iniziò ad amare più le figlie acquisite
che Zezolla, al punto che la giovane fu rilegata a fare da serva e perse anche
il suo nome, apostrofata da tutti “Gatta Cenerentola”. Passò qualche anno ed il
padre partì per affari all’isola di Sardegna; prima, però, chiese ad ogni
figlia cosa volesse come dono al ritorno: mentre le sei sorellastre chiesero
abiti pregiati e gioielli, Zezolla ricordò la colomba e chiese al padre di
recarsi dalla colomba delle fate, maledicendolo nel caso in cui non avesse
esaudito quella strana richiesta.
Il principe, più per paura che per amore, obbedì e, prima di ritornare
in patria, si recò alla grotta delle fate dell’isola. Lì gli apparve una
fanciulla bellissima che gli diede in dono per la figlia un dattero, una piccola
zappa, un secchiello d’oro ed un tovagliolo di seta. Zezolla fu entusiasta per
quei particolari doni, piantò il dattero e notte e giorno lo curò e lo innaffiò
per farlo crescere. La pianta nacque e sbocciò, ma, al posto di un fiore,
apparve la fata che, dopo aver ringraziato la fanciulla per le sue cure, le
promise di poter esaudire qualunque desiderio. Zezolla, che trascorreva tutta
la vita in casa fra faccende domestiche chiese abiti pregiati e una carrozza da
vera dama per recarsi alle feste più lussuose.
La fata esaudì il desiderio e la fanciulla andò alla sua prima festa
talmente ben vestita che nessuno, nemmeno le sorellastre, la riconobbe. Alla
festa si trovava anche il re, scapolo, che appena vide Zezolla si innamorò
perdutamente: quando la ragazza andò via, la fece seguire dal suo più fedele
servitore per scoprire dove abitasse. La giovane, però, pur di non far scoprire
il suo segreto lanciò all’uomo alcuni scudi d’oro e lui, avido, preso dal
raccoglierli perse la carrozza. Per molte altre feste Zezolla apparve in tutta
la sua bellezza ed, altrettante volte, il servitore cercò invano di seguirla
finché, durante un inseguimento più concitato, la ragazza perse una scarpetta.
Il re conservò la calzatura come una reliquia ed indisse la più grande
festa mai vista nel regno per trovarne la proprietaria. Nessuna delle dame
invitate, però, riuscì a calzare la scarpetta ed il sovrano, scoraggiato,
invitò tutti per la sera successiva invitandoli a portare ogni ragazza del
regno. A quel punto il principe decise di informare il re di avere un’altra
figlia che, tuttavia, non usciva mai di casa. Il sovrano, indispettito dalla
cosa, ordinò all’uomo di portare anche quest’altra figlia e che, anzi, lei
sarebbe stata la prima al suo cospetto. Zezolla andò e, appena arrivò di fronte
al re, la scarpetta per magia volò direttamente a coprire il suo piede. Il re
capì tutto e decise di prendere la ragazza per moglie, cosa che Zezolla accettò
di buon grado. Le sorellastre e la matrigna, per la vergogna, scapparono via
per non vedere il trionfo della “Gatta Cenerentola” che tanto avevano
disprezzato.
Quello della “Gatta Cenerentola”, è solo un esempio delle
rivisitazioni delle favole contenute nella raccolta fiabesca del Basile,
antesignano per eccellenza del genere; si potrebbero citare altre fiabe più
moderne che trassero la loro matrice in detto testo, come Raperonzolo, Il gatto
con gli stivali, La bella addormentata nel bosco…
Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille è una
raccolta di 50 fiabe in lingua napoletana scritte da Giambattista Basile, edite
fra il 1634 e il 1636 a Napoli. L'opera, nota anche col titolo di Pentamerone
(cinque giornate), è costituita da 50 fiabe, raccontate da 10 novellatrici in 5
giorni. Le 50 fiabe sono collocate in una cornice che segue il modello del
Decameron di Boccaccio, anche se diversi sono il linguaggio e i temi trattati.
Commenti
Posta un commento