01/03/2018
Io
penso che sarebbe meglio che morisse…
Perdonatemi
per queste parole, io chiedo perdono anche a me stessa per averle solo pensate,
e forse riuscirò a perdonarmi, ma quel senso di rabbia e dolore che si
impossessa di te, prende il sopravvento; ma questo non deve accadere, vero?
Mai.
Se
penso a una donna che si sveglia, non ritrovando più le sue figlie, il bene più
prezioso per una madre, il senso di tutta la sua vita, mi strapperei il cuore,
nel momento che empatizzo il suo solo immaginabile dolore.
E
se penso che quella madre, dovrà affrontare anche la verità di come le figlie
le siano state strappate, me lo strapperei a morsi il cuore.
Cosa
la può aspettare al suo risveglio? Una vita totalmente distrutta, un presente
orribile e un futuro inesistente, altrettanto spaventoso, che passerà ogni
giorno chiedendosi come potevano essere le sue figlie e facendo il conto su
quanti anni avrebbero?
Io
ci provo a tener viva la fiamma della speranza dentro di me, Dio solo sa se ci
provo, ma poi quando mi arrivano di continuo secchiate d’acqua gelida, la
fiamma vacilla e finisce per spegnersi…io la continuo ad alimentare, ma sono
sempre più stanca, e se un giorno la lasciassi spegnere? E come me tanta altra
gente?
Gente
delusa di essere continuamente scioccata da queste notizie, soprattutto quando
sono cronache di una tragedia annunciata.
Tragedie
dove qualcuno poteva far qualcosa e non ha fatto niente, e ti accorgi che
intorno c’è solo tanta ipocrisia. Uomini pericolosi, lasciati liberi di far del
male, a volte con un’arma che lo stesso Stato ha concesso loro.
Ci
lamentiamo che le donne non hanno il coraggio di parlare, di raccontare le
violenze subite e i propri timori, ma quando lo fanno, quando trovano quel
coraggio, cosa hanno in cambio? Forse la dovuta considerazione che loro spetta?
Ancora
mi rimbombano nel cervello le parole di un poliziotto; non le ho sentite
personalmente, avevo solo sette anni, ero troppo piccola e non mi trovavo
presente, ma ne ho sentito parlare da altri, da mia madre, da mia sorella
maggiore.
Mia
madre, dopo una delle tante violenze domestiche subite da mio padre, si reca
con un occhio nero e un labbro gonfio al commissariato di zona, per sentirsi
dire dal poliziotto di turno, “chissà cosa ha fatto per fare arrabbiare tanto
suo marito?”
Cerco
sempre di dimenticare quell’episodio, perché fa male, ma tutto sembra volermelo
far ricordare...
Tutto
poi ha trovato un suo corso positivo, certo non grazie a quel poliziotto, che
dissuase mia madre anche dal porgere una regolare denuncia. Io avevo sette
anni, ma sono cresciuta e sono ancora qua…sette anni come una di quelle due
povere bambine, che adesso non ci sono più.
Cinzia Perrone
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