LI CHIAMARONO BRIGANTI



Giorni fa, conversando con amici di storia, in particolare di quel periodo storico pre e immediatamente post unitario, mi è venuto in mente di citare questa pellicola, di cui loro ovviamente non conoscevano l’esistenza. Ebbene sì, perché appena uscita fu subito ritirata; dietro una banale scusa di insuccesso al botteghino, si nascondeva in realtà una vera e propria censura, verso un film coraggioso accusato di revisionismo e boicottato presumibilmente dalle pressioni dello Stato maggiore dell’esercito, che non poteva tollerare una simile rappresentazione di alcuni fatti storici, in particolare come veniva descritto il comportamento poco ortodosso del Regio Esercito piemontese-italiano (per lo più Bersaglieri).

Prima di entrare nel merito, solo un’osservazione; se queste sono solo invenzioni e farneticazioni, perché averne così timore da impedirne la diffusione?

Se non sbaglio all’epoca del nazismo, non furono gli stessi tedeschi che dicevano che i campi di concentramento erano solo un’invenzione, celando al mondo e alla stessa Germania cosa vi accadesse realmente? E se non sbaglio le bugie non son perdurate anche durante i processi successivi? Ma in quel caso il nazismo fu sconfitto, gli abusi e i genocidi riconosciuti, i processi appunto instaurati e la verità acclarata.

Quando si dice che la storia la scrivono i vincitori, ci sarà un perché…?

Il film in questione di cui voglio parlarvi è stato diretto nel 1999 da Pasquale Squitieri e si intitola “Li chiamarono briganti”; come è intuibile dal titolo il film racconta del fenomeno che la storiografia più accreditata ha etichettato col nome di brigantaggio, negli anni immediatamente successivi alla spedizione di Garibaldi e all’unità, sotto il trono di Vittorio Emanuele II.

Il cast vanta nomi di eccezione, quali Claudia Cardinali, Remo Girone, Franco Nero, Giorgio Albertazzi, Lina Sastri e un bravissimo Enrico Lo verso nel ruolo del protagonista, il brigante Carmine Crocco. 



Carmine Crocco, ex-camicia rossa di ritorno nella propria terra carico di entusiasmo per l’impresa appena conclusasi, si accorge di tutta la desolazione e il dolore da essa causata nella gente più umile e povera, rendendola ancora più umile e povera di quel che era già. Non solo, invece di essere festeggiato da ex-garibaldino, come si aspettava, viene trattato peggio di un criminale dall’autorità costituitasi e avversato dalla popolazione delusa dalle mille promesse disattese.

Chissà se veramente è stato come recita lo stesso Lo Verso nel film, che Garibaldi in fondo fu ingannato egli stesso, o fu anche lui uno dei tanti che approfittò della situazione; una brutale invasione che si è servita di individui di qualsivoglia provenienza, da criminali comuni a ex-galeotti, da mafiosi a camorristi. Per non parlare della mano occulta di Inghilterra e Francia, alle quali faceva comodo togliersi di torno il solo regno che in quel momento poteva concorrere con le loro potenze: il Regno delle Due Sicilie.

Crocco a quel punto viene arrestato e allo stesso tempo fatto prelevare per combattere di nuovo, ma dall’altra parte; la Chiesa, rappresentata dal cardinale di turno, gli offre l’opportunità di comandare una ribellione atta a ripristinare il legittimo re di un regno invaso illegittimamente in barba a tutte le regole internazionali. Anche in quel caso il Piemonte si guardava bene dal far sapere quello che realmente stava succedendo.

Infatti non ci dimentichiamo che per la comunità internazionale, Vittorio Emanuele, era allo scuro della spedizione “fuorilegge” che stava per intraprendere Garibaldi.

Gli aiuti oltre che dagli ufficiali rimasti fedeli ai Borbone al fianco del Re, sarebbe venuti anche dalla Spagna. Crocco non ha niente da perdere, tanto peggio di così. Accetta. 

Assumendo il suo ruolo di leader, sprona la popolazione a combattere contro l’usurpatore per riprendersi la propria terra, portatagli via senza mezzi termini. Così questi ribelli, questi patrioti del loro regno distrutto, furono assimilati a delinquenti comuni, assassini e ladri, quando chi faceva accordi con la vera criminalità organizzata era proprio il nuovo governo insediatosi.

Questa guerra civile, perché parliamo già di un Italia proclamata unita, fu crudele e violenta come poche; ogni mezzo era legittimo per reprimere la ribellione; stupri, fucilazioni, incendi di interi paesi, non importava se chi ci andasse di mezzo era un semplice contadino o un bambino. Dopotutto le guerre sono anche psicologiche, e hanno sempre i loro danni collaterali.

È inutile che vi racconti il resto della storia, tanto sapete tutti come è andata a finire; ma forse non vi sono ben chiari i modi e le maniere in cui lo scopo fu perseguito, allora vi consiglio di guardare il film, che per quanto se ne dica, come ogni opera cinematografica seria ha le sue fonti. clicca qui per guardare il film completo
Del resto quelli che la storiografia ufficiale chiama revisionisti risorgimentali, sono in tanti, e non solo meridionali. La mano forte Sabauda è riuscita nel suo intento, ha unito lo stivale, ma a che spese?

Siamo una nazione nata da una guerra fratricida e questa macchia non si laverà mai, perché questo paese non ha memoria e non cerca redenzione, anzi sento divisioni all’interno delle stesse regioni, qualunque esse siano.

Che senso ha rivangare? È conoscendo con onestà il proprio passato che si può costruire un dignitoso futuro. Esempio, che senso avrebbe riabilitare dopo la morte una persona ingiustamente accusata? Forse a ridare dignità ai propri familiari?

Credo forse che la dignità sia diventata un bene troppo prezioso per essere semplicemente concesso; allora tocca riprendercelo da solo. Per il bene di tutti, non solo dei fratelli meridionali, ma anche di quelli Italiani.

La vera e propria pulizia etnica che fu perpetrata ai danni del regno borbonico acquisito dai Savoia, chiarì che non si trattò di annessione, tra pari, ma di colonizzazione, violenta e brutale. Non ammetterlo per lo Stato attuale equivale a dire che tale processo, anche se non formalmente ma sostanzialmente è ancora in corso.

Ammettere un errore commesso nel passato, non vuol dire perdere credibilità o potere, anzi potrebbe essere il punto di partenza per costruire un futuro migliore nel nome della verità riuscendo a fare quello che non fu mai fatto: gli italiani.




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